ma anche da quello di Manet, Courbet e Seurat) i motivi culturali e
figurativi più spesso ricorrenti nella sua opera.
Questi temi, assimilati dalla tradizione francese, Renoir li riela-
boro, nel primo gruppo della sua filmografia, nell'ambito delle ricerche
della prima avanguardia dedicate al populismo impressionista
dando cosi nuova credibilità e culturale e umana a quella corrente ci
nematografica. Da La fille de l'eau (1924), Nana (1926), La petite mar-
chande d'allumettes (1928) la parabola impressionista di Renoir giunge
fino alla perfezione di une partie campagne (1937), dopo l'espe-
rienza letteraria di Madame Bovary (1934). Dall'altra parte abbiamo il
Renoir realista, partito da La Chienne (1981) e da Le Crime de M.
Lange (1935) e giunto alla completezza de La Grande Illusion (1937),
de La Marseillaise (1937) e de La Bête humaine (1938, che segna pe-
raltro un ritorno al « realismo nero, de La Chienne). La règle du jeu
indica apunto nell'
opera di Renoir una terza fase, non ancora svilup-
pata totalmente, ma che ha i suoi precedenti diretti sia nel vaudeville
ormai lontano de Le Tire-au-flanc (1929), che nello spirito sottile e
anarcoide di Boudu sauvé des eaux (1932). Questa terza fase è appunto
la convergenza dei vari motivi dell'opera del regista in un giuoco asso-
lutamente nuovo, in una nuova commedia dell'arte, basata sulla
sapiente costruzione dei caratteri e dell'intrigo, alla maniera settecen-
tesca. Beaumarchais e De Musset sono i grandi modelli di questo nuovo
Renoir. La lievità della costruzione scenica potrebbe far pensare a
Mozart, ma ciò che sta dietro è terribilmente aderente al nostro tempo:
è l'esperienza pessimistica de La Chienne e de La Bête humaine,
La sottile dissezione che Renoir compie nell'anima umana, in questo
film, pur avendo il suo precedente nella « crudeltà > tipica di un ro.
manzo del XVIII secolo, quale Les liaisons dangereuses di Chaderlos
Laclos, e, al contempo, sostenuta da una inequivocabile moralità, pro-
pria dell'uomo de La Grande Illusion. Tuttavia la vera portata rivo-
luzionaria di quest'opera, sia nella parabola generale del cinema fran-
cese, che in quella particolare dello stesso regista non è stata ancora
rivelata dai film successivi, inficiati dal manierismo del periodo ame-
ricano, e dagli errori riscontrabili in un The River (1951) e nella
Carrozza d'oro (1952).
15 maggio 1954 Fiche filmografica n. 3.
olivetti Lettera 22
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