questa ancor misteriosa terza via, che per colpa di chi
serive. rimarrà probabilmente carica di ambiguità inesplo-
zata per coloro che non abbiano veduto i tre film. Innan-
zi a tutte le impressioni ch'essi hanno suscitato, v'è un
grande, non risolto interrogativo: via della maturità, della
sosta elaborata e cosciente? O via della decadenza (una
decadenza sontuosa) dell'involuzione? ». Senza dubbio nel
Puccini si defininiscono con maggiore esattezza gli elemen-
ti che costituirebbero la differenziazione dei film di terza
via: lo scenario, la musica, la scenografia, i costumi, tutti
gli elementi accessori insomma che in precedenza avevano
avuto scarsa importanza e che spesso erano stati addirittu-
ra scadenti assumono ora, in queste opere, un nuovo si-
gnificato originale, autonomo che tuttavia non contrasta
col risultato finale che sembra essere sospeso a mezzo fra
il cinema e il teatro. Questo suggeriscono le lunghe pan-
tomine di Barrault riprese a macchina fissa, le scenografie
di Olivier, le ricerche e le soluzioni pittoriche di Eisen-
stein. A questa strana coincidenza di intendimenti e di ri
sultati Glauco Viazzi non vuole credere, non riconoscendo
appunto un'unità di intenti e di soluzioni di linguaggio in
opere nate in ambienti così diversi, attribuendo senz'altro
ad opere come Henry V Les Enfants du Paradis la
lata di un'evasione (magnifica evasione!) e affermando che
per Ivan poteva parlarsi di una nuova via in quanto, per
esplicita dichiarazione dell'autore, si trattava della revi.
sione di un personaggio: caratteristico esempio quindi di
uma forma nuova determinata da un contenuto nuovo, cioè
una nuova esigenza di revisione della storia patria nata
da una nuova società.
por-
Conclude infatti il Viazzi, citando lo stesso Carné
« Quant à l'avenir du cinéma, je dirai, comme René Clair:
C'est uniquement une question de gouvernement. Cioè,
più ampiamente, di società ». Chiuso nelle strettoie di una
critica storicistica spinta alle sue estreme conseguenze, ci
pare che il Viazzi non abbia compreso il problema cen-
trale della terza via che, in definitiva, è un problema di
linguaggio e quindi problema più vasto e non sempre ri-
solvibile colle solite formule: evasione e forma nuova
espressione di un contenuto nuovo.
Molto più vicino ci sembra invece Giorgio Signorini
quando scrive «tutti abbiamo notato come, in questi ul.
timi tempi, i migliori registi si siano spinti con incertezza
ai margini dei canoni ormai classici che dal muto al so-
noro avevano regolato lo svolgersi delle immagini sullo
schermo (Chaplin, Clair, per intenderci. Questa ricerca
tendeva ad una soluzione che superasse i pur validi ma or-
mai insufficienti legami immagine-svono, per prospettare
nuovi rapporti di ritme... Con Tvan il terribile abbiamo
avuto la certezza che di questo problema veniva prospet
tata una soluzione, e, senza cercare di trarre approssimate
conclusioni di carattere teorico e generale, ci si sforza ora
di vedere quale sia la nuova espressione che Eisenstein ci
annuncia».
Più tardi, sulla fine del 1947, Umberto Barbaro traeva
in certo modo le conclusioni di tutta questa polemica, ri-
portando il problema a quello più generale dell'arte del
film e della funzione dell'artista, funzione demiurgica che
appunto, secondo il Barbaro, consisterebbe nell'anticipare
e precorrere nuove vie e nuovi tempi e che così giustifi-
cherebbe anche la terza via », forma nuova cioè di u
contenuto che non ha ancora rispondenza colla realtà sto-
rico-sociale esistente. La polemica, cosi generalizzata dal
Barbaro, rinasce anche se con minore eco sulle colonne
del Momento e de La Voce Repubblicana ad
opera di Vi.
nicio Marinucci e di Gaetano Carancini, sul finire del
1948. Per il Marinucci la terza via non è che quella della
contaminazione, dell'ibrido... I sacri testi della terza via
non sono che registrazioni di testi teatri, di scenografie,
di performances recitative, di articoli di giornali sceneg.
giati. Il Carancini invece arriva addirittura a profetizza-
re un Dante cinematografico di cui i film della terza via
preparano l'avvento, Film, questi – scrive il Carancini --
singolari che indubbiamente non appartengono al cinema,
ma che non sono, però, neppure teatro: non ibrido quindi
ma superamento di canoni, nella ricerca di una nuova e
differente forma espressiva ».
In questo caso ambedue gli autori partendo, per lo
ro esplicita dichiarazione, dai vecchi e superati principi
del cinema puro arrivano ad opposte conclusioni che non
aggiungono o tolgono nulla alla polemica sulla terza fase
quale era stata storicizzata dal Barbaro. Oggi, Giorgio Si-
gnorini, che appunto fu uno dei primi assertori della terza
fase ci ha dichiarato: «La terza via (la formula ha avuto
fortuna e lasciamola pure, ma per comodità di discorso)
deve essere intesa, io credo, non come tendenza, ma come
semplice vocabolo, ad indicare i tentativi che autori di-
versi, sotto l'impulso di diverse esigenze, stanno facendo
per giungere ad una espressione più consona al loro mon-
do fisico e culturale. Una sorta di nuova invenzione della
scrittura, insomma, che esprime pur sempre le stesse cose
attraverso segni di differente natura: resta il rapporto co-
mune della grafia, che è quanto dire il rapporto comune
di immagine, movimento e suono, cioè di cinematografo ».
Oggi, quindi, la polemica sulla terza via può conside
rarsi senza dubbio superata. Superata in quanto alla ba-
se vi erano ancora i pregiudizi di considerare un'
opera
cinematografica solo nel caso che rispondesse al requisito
dello specifico filmico » (che per i più appunto consiste
va nel montaggio), di quello specifico che rendeva cine.
matografica la registrazione di un soggeito colla macchina
da presa. E questo superamento e e rimane sopratutto me-
rito dell'opera di Guido Aristarco che, raccogliendo l'invito
di Barbaro di storicizzare la critica cinematografica, ripar.
tendo dai principali testi che avevano originato la polemi-
ca della terza via le prendendo in considerazione altri
come La terra trema, Michurin. Hamlet, Cronaca di un
amore, constatava l'impossibilità presente da parte della
critica e storiografia cinematografica di giudicare e valu-
tare nella loro giusta posizione opere come queste che
non rispondono più ai vecchi canoni teorizzati. Aristarco
quindi avverte l'esigenza di rivedere tutta la fioritura del
le teoriche intorno al film per cercare di trarre da esse
quanto vi è ancora di attuale per la valutazione delle
nuove opere nate in un ambiente e da bisogni nuovi. Cosi
scrive Aristarco: «Ci siamo dilungati su Hamlet, Henry V.
Cronaca di un amore e Michurin in quanto questi film
insieme con altri come Les Enfants du Paradis (Amanti
perduti, 1944) di Marcel Carné, o Ivan Groznij (Ivan il
Terribile. 1943-45) di Eisenstein, costituiscono esempi si.
gnificativi di fronte ai quali si fa maggiormente viva e
necessaria l'accennata esigenza di una revisione dei criteri
d'analisi adottati da certa critica e storiografia cinemato-
grafiche, gran parte delle quali è ancora ferma addirittura
ai tempi eroici di Canudo, Delluc, Epstein e del primissi-
mo Balazs; e con Gance grida: «Le temps de l'image est
venu! ». L'argomentazione dell'Aristarco diventa più strin-
gente passando all'esame dei film di Olivier: Non sono
ancora terminate le discussioni sui cosiddetti film shake.
speariani di Laurence Olivier: Henry V Enrico V, 1943-44).
e Hamlet (Amleto, 1948). Si può mettere in dubbio il va
lore artistico di queste due opere noi comunque riscon-
triamo tale valore, specialmente nella primal, ma non ad-
ducendo le obiezioni di certa critica rimasta su posizioni
retrive. Infatti, una delle accuse più frequenti che essa
muove in proposito, è che Hamlet, non sia cinema: ac-
cusa fatta al lume di quelle teorie (ortodossamente in-
terpretate) le quali pongono il montaggio alla base del
nuovo mezzo di espressione: quel montaggio che Bela Ba-
lazs chiamava forbici politiche » e altri, appunto, « speci
fico filmico ... (A. passa ad esaminare Hamlet sul piano
del montaggio). Ma anche un esame condotto su questo
piano non porta a dar ragione a chi nega una natura <fo.
togenica » al film di Olivier gli elementi in esso ritenuti
negativi non escludono del tutto tale natura e non possono
comunque compromettere il giudizio artistico. É impossi.
bile contestare ad una prosa carattere e valore di poesia.
soltanto perchè non poggia sulla metrica. Ci sono film a