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Attività ed interessi, Oggetto 51

Carla Lonzi29 dicembre 1951 - [ante 31 dicembre 1958]

La Galleria Nazionale

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Roma, Italia

Gran parte della documentazione è relativa alle proiezioni cinematografiche (presente anche una tessera d'ingresso del Cine club Primi Piani di Palazzo Strozzi a nome Raffaello Mazzoletti); si segnalano inoltre un quaderno di letture fatte da Carla Lonzi dal dicembre 1951 all'aprile 1952, varie tessere associative, programmi di sala di concerti sinfonici e da camera soprattutto organizzati dall'Agimus (Associazione giovanile musicale tra gli studenti delle scuole secondarie. Sezione di Roma), di cui uno della sorella Lidia Lonzi. Sono conservati «Il turista a Firenze», in evidenza la stagione lirica e sinfonica del Teatro Comunale di Firenze e del XVI Maggio Musicale Fiorentino; depliant pubblicitario della rivista «Quadrum» (1955); invito alla conferenza di György Lukács Le réalisme dans les littératures européennes (16.05.1956).

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  • Titolo: Attività ed interessi, Oggetto 51
  • Creatore: Lonzi Carla
  • Data di creazione: 29 dicembre 1951 - [ante 31 dicembre 1958]
  • Trascrizione:
    questa ancor misteriosa terza via, che per colpa di chi serive. rimarrà probabilmente carica di ambiguità inesplo- zata per coloro che non abbiano veduto i tre film. Innan- zi a tutte le impressioni ch'essi hanno suscitato, v'è un grande, non risolto interrogativo: via della maturità, della sosta elaborata e cosciente? O via della decadenza (una decadenza sontuosa) dell'involuzione? ». Senza dubbio nel Puccini si defininiscono con maggiore esattezza gli elemen- ti che costituirebbero la differenziazione dei film di terza via: lo scenario, la musica, la scenografia, i costumi, tutti gli elementi accessori insomma che in precedenza avevano avuto scarsa importanza e che spesso erano stati addirittu- ra scadenti assumono ora, in queste opere, un nuovo si- gnificato originale, autonomo che tuttavia non contrasta col risultato finale che sembra essere sospeso a mezzo fra il cinema e il teatro. Questo suggeriscono le lunghe pan- tomine di Barrault riprese a macchina fissa, le scenografie di Olivier, le ricerche e le soluzioni pittoriche di Eisen- stein. A questa strana coincidenza di intendimenti e di ri sultati Glauco Viazzi non vuole credere, non riconoscendo appunto un'unità di intenti e di soluzioni di linguaggio in opere nate in ambienti così diversi, attribuendo senz'altro ad opere come Henry V Les Enfants du Paradis la lata di un'evasione (magnifica evasione!) e affermando che per Ivan poteva parlarsi di una nuova via in quanto, per esplicita dichiarazione dell'autore, si trattava della revi. sione di un personaggio: caratteristico esempio quindi di uma forma nuova determinata da un contenuto nuovo, cioè una nuova esigenza di revisione della storia patria nata da una nuova società. por- Conclude infatti il Viazzi, citando lo stesso Carné « Quant à l'avenir du cinéma, je dirai, comme René Clair: C'est uniquement une question de gouvernement. Cioè, più ampiamente, di società ». Chiuso nelle strettoie di una critica storicistica spinta alle sue estreme conseguenze, ci pare che il Viazzi non abbia compreso il problema cen- trale della terza via che, in definitiva, è un problema di linguaggio e quindi problema più vasto e non sempre ri- solvibile colle solite formule: evasione e forma nuova espressione di un contenuto nuovo. Molto più vicino ci sembra invece Giorgio Signorini quando scrive «tutti abbiamo notato come, in questi ul. timi tempi, i migliori registi si siano spinti con incertezza ai margini dei canoni ormai classici che dal muto al so- noro avevano regolato lo svolgersi delle immagini sullo schermo (Chaplin, Clair, per intenderci. Questa ricerca tendeva ad una soluzione che superasse i pur validi ma or- mai insufficienti legami immagine-svono, per prospettare nuovi rapporti di ritme... Con Tvan il terribile abbiamo avuto la certezza che di questo problema veniva prospet tata una soluzione, e, senza cercare di trarre approssimate conclusioni di carattere teorico e generale, ci si sforza ora di vedere quale sia la nuova espressione che Eisenstein ci annuncia». Più tardi, sulla fine del 1947, Umberto Barbaro traeva in certo modo le conclusioni di tutta questa polemica, ri- portando il problema a quello più generale dell'arte del film e della funzione dell'artista, funzione demiurgica che appunto, secondo il Barbaro, consisterebbe nell'anticipare e precorrere nuove vie e nuovi tempi e che così giustifi- cherebbe anche la terza via », forma nuova cioè di u contenuto che non ha ancora rispondenza colla realtà sto- rico-sociale esistente. La polemica, cosi generalizzata dal Barbaro, rinasce anche se con minore eco sulle colonne del Momento e de La Voce Repubblicana ad opera di Vi. nicio Marinucci e di Gaetano Carancini, sul finire del 1948. Per il Marinucci la terza via non è che quella della contaminazione, dell'ibrido... I sacri testi della terza via non sono che registrazioni di testi teatri, di scenografie, di performances recitative, di articoli di giornali sceneg. giati. Il Carancini invece arriva addirittura a profetizza- re un Dante cinematografico di cui i film della terza via preparano l'avvento, Film, questi – scrive il Carancini -- singolari che indubbiamente non appartengono al cinema, ma che non sono, però, neppure teatro: non ibrido quindi ma superamento di canoni, nella ricerca di una nuova e differente forma espressiva ». In questo caso ambedue gli autori partendo, per lo ro esplicita dichiarazione, dai vecchi e superati principi del cinema puro arrivano ad opposte conclusioni che non aggiungono o tolgono nulla alla polemica sulla terza fase quale era stata storicizzata dal Barbaro. Oggi, Giorgio Si- gnorini, che appunto fu uno dei primi assertori della terza fase ci ha dichiarato: «La terza via (la formula ha avuto fortuna e lasciamola pure, ma per comodità di discorso) deve essere intesa, io credo, non come tendenza, ma come semplice vocabolo, ad indicare i tentativi che autori di- versi, sotto l'impulso di diverse esigenze, stanno facendo per giungere ad una espressione più consona al loro mon- do fisico e culturale. Una sorta di nuova invenzione della scrittura, insomma, che esprime pur sempre le stesse cose attraverso segni di differente natura: resta il rapporto co- mune della grafia, che è quanto dire il rapporto comune di immagine, movimento e suono, cioè di cinematografo ». Oggi, quindi, la polemica sulla terza via può conside rarsi senza dubbio superata. Superata in quanto alla ba- se vi erano ancora i pregiudizi di considerare un'opera cinematografica solo nel caso che rispondesse al requisito dello specifico filmico » (che per i più appunto consiste va nel montaggio), di quello specifico che rendeva cine. matografica la registrazione di un soggeito colla macchina da presa. E questo superamento e e rimane sopratutto me- rito dell'opera di Guido Aristarco che, raccogliendo l'invito di Barbaro di storicizzare la critica cinematografica, ripar. tendo dai principali testi che avevano originato la polemi- ca della terza via le prendendo in considerazione altri come La terra trema, Michurin. Hamlet, Cronaca di un amore, constatava l'impossibilità presente da parte della critica e storiografia cinematografica di giudicare e valu- tare nella loro giusta posizione opere come queste che non rispondono più ai vecchi canoni teorizzati. Aristarco quindi avverte l'esigenza di rivedere tutta la fioritura del le teoriche intorno al film per cercare di trarre da esse quanto vi è ancora di attuale per la valutazione delle nuove opere nate in un ambiente e da bisogni nuovi. Cosi scrive Aristarco: «Ci siamo dilungati su Hamlet, Henry V. Cronaca di un amore e Michurin in quanto questi film insieme con altri come Les Enfants du Paradis (Amanti perduti, 1944) di Marcel Carné, o Ivan Groznij (Ivan il Terribile. 1943-45) di Eisenstein, costituiscono esempi si. gnificativi di fronte ai quali si fa maggiormente viva e necessaria l'accennata esigenza di una revisione dei criteri d'analisi adottati da certa critica e storiografia cinemato- grafiche, gran parte delle quali è ancora ferma addirittura ai tempi eroici di Canudo, Delluc, Epstein e del primissi- mo Balazs; e con Gance grida: «Le temps de l'image est venu! ». L'argomentazione dell'Aristarco diventa più strin- gente passando all'esame dei film di Olivier: Non sono ancora terminate le discussioni sui cosiddetti film shake. speariani di Laurence Olivier: Henry V Enrico V, 1943-44). e Hamlet (Amleto, 1948). Si può mettere in dubbio il va lore artistico di queste due opere noi comunque riscon- triamo tale valore, specialmente nella primal, ma non ad- ducendo le obiezioni di certa critica rimasta su posizioni retrive. Infatti, una delle accuse più frequenti che essa muove in proposito, è che Hamlet, non sia cinema: ac- cusa fatta al lume di quelle teorie (ortodossamente in- terpretate) le quali pongono il montaggio alla base del nuovo mezzo di espressione: quel montaggio che Bela Ba- lazs chiamava forbici politiche » e altri, appunto, « speci fico filmico ... (A. passa ad esaminare Hamlet sul piano del montaggio). Ma anche un esame condotto su questo piano non porta a dar ragione a chi nega una natura <fo. togenica » al film di Olivier gli elementi in esso ritenuti negativi non escludono del tutto tale natura e non possono comunque compromettere il giudizio artistico. É impossi. bile contestare ad una prosa carattere e valore di poesia. soltanto perchè non poggia sulla metrica. Ci sono film a
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  • Note: Sulla conferenza di György Lukács cfr. anche la lettera conservata nel fascicolo I.2.3.2 indirizzata a Marisa Volpi del 16 maggio 1956 e la fattura relativa all'acquisto del volume Breve storia della letteratura tedesca presente nel fascicolo I.2.2.2.
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