Scheda per:
KENIJ MIZOGUCHI
- ppartenente alla vecchia guardia del cinema
11.pponico, membro della «Associazione dei cineasti
rivoluzionari > che negli ultimi anni del cinema
muto, sulle orme del cinema sovietico, si propose
di trattare problemi sociali o comunque inerenti alla
vita contemporanea, si specializzò successivamente
nelle realizzazioni Cinematografiche di opere in co-
stume, tratte dai classici della letteratura giapponese.
FILMOGRAFIA:
YORU (La notte, 1923) — SHIKAMO KARERA
WA YAKU (Ma essi andranno, 1924) - GION
NO KYODAY (La sorella della geisha, 1936) -
ZANGHIKU MONOGATARI (Racconto del fra-
grante crisantemo, 1939) - NASSIWA ONNA
(La donna di Nassieva, 1940) --- GEIDO ICHT-
DAIOTOKO (Vita di un attore, 1941) - GHEN
ROKU CHUSHIN-GURA (Diciassette samurai,
1941) - PROSTITUTE (1948) - SAIKAKU
ICHIDAI ONNA (La vita di O-Haru, donna
galante, 1952) UGETSU MONOGATARI
(Racconti della luna misteriosa e pallida dopo la
Doggia, 1953) SANSHODAYU (L'intendente
Sansho, 1954) YOKIHI (Yang Kwei Fei, 1955)
SHIN HEIKE MONOGATARI (1955).
UGETSU MONOGATARI
Regia: Kenji Mizoguchi - Soggetto di: Aki-
nari Uyeda - Fotografia: Kazuo Mijasaka -
Interpreti: Machiko Kyo, Kinuyo Tanaka,
Mitsuko Mito.
Il nome di Misoguchi è legato, in una antinomia
inscindibile, a quello di Kurosawa, regista di Ra-
sciomon e de I sette samurai. L'uno richiama per
contrasto l'altro: elogiando Kurosawa non è raro
sentirsi rispondere che Misoguchi è più giapponese,
più raffinato, più perfetto. Il raffronto non è in-
giustificato: infatti i due, mentre sono i maggiori
rappresentanti di quel cinema giapponese a sfondo
storico che nel dopoguerra ci ha affascinati con
l'estrema sensibilità e novità del suo linguaggio,
appaiono divisi da opposte qualità di temperamento
e di stile. Kurosawa è più robusto e sanguigno:
portato al tono epico, ama anche l'ironia che sovente
si accompagna allo stile eroico (leggete il Pulci,
l'Ariosto, la Chanson de Roland e ripensate a certe
figure del Newski di Eisenstein). Misoguchi ama :
toni tenui, predilige la fotografia grigia, detesta
il montaggio vivace composto di brevi inquadra-
ture, preferisce far muovere i protagonisti in figura
intera invece che in primo piano, sposandoli cosi
al'ambiente, ritraendoli vagamente avvolti nelle om-
bre del crepuscolo. Il suo verismo è forse più in-
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