prima della guerra era valutata a 800.000 lire di beni immobili,
tutti sparsi nella provincia, in piccoli lotti, comprati d'occasione
d'anno in anno. Era il frutto di anni di lavoro assiduo, di spe-
culazioni oculate. Bisogna tener conto di questa tenacia provinciale
per spiegarsi il carattere del figlio. Giacomino crebbe con questo
esempio, con l'opinione di non essere ricco, con l'istinto della
lotta dura, con la dignità del sacrificio. Al ginnasio e al liceo
bisognava essere tra i primi; non perder tempo, non dissipare.
Su questo fondo solido di virtù conservatrici e protestanti
nacque il sovversivismo di Matteotti e nacque aristocratico per la
solitudine. Le sue preoccupazioni iniziali erano esclusivamente
scientifiche: ai facili successi avvocateschi preferi subito gli aridi
studi di procedura penale e benchè già socialista militante seguiva
con predilezione la scuola dell'on. Stoppato, uno degli uomini
rappresentativi del clericalismo moderato. Procedeva nella propria
educazione per esigenze interiori.
In un partito che si ricorda dei paesi stranieri soltanto per
la frettolosa rettorica dei congressi internazionali era tra i pochi
che conoscessero la Francia, l'Inghilterra, l'Austria, la Svizzera,
la Germania per viaggi di giover e aveva studiato l'inglese
per leggere direttamente Shakespeare.. Preso nella lotta politica,
quasi nascondeva gelosamente questi istinti di filosofia che non
erano troppo vicini allo stile dell'ambiente misoneista e gretta-
mente parziale in cui gli toccava agire. Ma il segreto della vita-
lità di Matteotti era proprio questo: che si poteva sentire in lui,
al di là delle sue azioni, chi gli parlasse a lungo e per scrutarlo,
una vita interiore di impulsi vari e profondi, non messa in giuoco
mai per le poste troppo piccole della vita quotidiana, ma perpetua
e segreta ispiratrice. Onde quel suo agire con riserbo e con fred-
da energia che incuteva soggezione ai compagni. La maschera
rigida di Matteotti in pubblico nascondeva pensieri deliberati in
solitudine, già sottoposti a tutti i tormenti dialettici del suo in-
emperante individualismo: era naturale ch'egli sentisse di doverli
ar prevalere impassibilmente, quando si incontrava nell'atmosfera
facile della demagogia dei congressi, dove c'è sempre un improv.
visatore capace di escogitare tesi medie e concilianti. Matteotti
cominciava a non essere conciliante per il suo sorriso beffardo e
per la sua ironia perversa e spietata. Aveva sempre in mente delle
conclusioni, non dei passaggi oratori o degli artifici di assemblea.
Chi conosce in quale atmosfera di loquacità provinciale, di fiera
della vanità e di consolazioni da desco piccolo borghese, sia ve-
nuto crescendo il socialismo italiano, da Enrico Ferri a Bombacci,
da Zanardi ad Arturino Vella, può veder chiaro come l'intran-
sigenza di
Matteotti - il quale in un' adunanza giunse a far
sprangare le porte perchè voleva che si terminasse la discussione
prima che i convenuti se ne andassero a banchetto - doveva
costituire un oltraggio ai tolleranti costumi dei buoni compagni
uno strappo a tutte le tradizioni sagraiole del tenero popolo
italiano, felice e buontempone. E lo chiamarono « aristocratico >>
credendo di isolarlo.
e
LA LOTTA AGRARIA NEL POLESINE
Una famiglia di risparmiatori inesorabili; una provincia tor-
mentata con un'economia complessa ed incerta, terra storica di
esperimenti di sovversivismo, spesso più servile che violento,
sono toni sufficenti per determinare l'opera di un anno.
Nel Polesine la democrazia era stata viva, durante il Risor-
gimento, nelle forme più accese: anticlericalismo e garibaldini-
smo, Marin, Alberto Mario, Bernini, Piva. Nel 1882 vi si com-
pie il primo sciopero di contadini d'
Italia al grido esasperato
la boie, e il governo per reprimerlo deve smascherare i suoi
sentimenti di reazione e mandare i soldati a mietere il grano
in luogo degli scioperanti.
La situazione economica del territorio presenta tutte le va-
rietà più interessanti, dalla cultura famigliare all'industrializzazione
agricola delle terre bonificate; dal riso del basso Polesine alla