Tanta si dimostrò la sua passione per il concreto, per il
particolare, per i fatti, che nel 1921 preferì esercitare la sua
opera di assistenza e di difesa in una situazione difficilissima
per il proletariato in provincia di Ferrara, piuttosto che andare
a Livorno a raccogliere i successi rumorosi di una accademia di
<tendenze e di <frazioni » il suo antifascismo <a href="/entity/m02gtrg" data-gacategory="annotation" data-gaaction="clicked" data-galabel="assetpage_injected_link_v1">Giacomo Matteotti vide nascere nel Polesine il movimento
fascista come schiavismo agrario, come cortigianeria servile degli
spostati verso chi li pagava ; come medioevale crudeltà e torbido
oscurantismo verso qualunque sforzo dei lavoratori volti a rag-
giungere la propria dignità e libertà. Con questa iniziazione
infallibile Matteotti non poteva prendere sul serio le scherzose
teorie dei vari nazional-fascisti, nè i mediocri progetti machia-
vellici di Mussolini : c'era una questione più fondamentale di
incompatibilità etica e di antitesi istintiva.
Sentiva che per combattere utilmente il fascismo nel campo
politico occorreva opporgli esempi di dignità con resistenza
tenace. Farne una questione di carattere, di intransigenza, di
rigorismo.
Così s' era condotto contro tutti i ministerialismi, senza pie-
garsi mai. Nel '21 al prefetto di Ferrara che lo chiamava in un
momento critico della lotta agraria aveva risposto per telefono :
< Qualunque colloquio tra noi è inutile. Se lei vuole conoscere
le nostre intenzioni non ha bisogno di me perchè ha le sue
spie. E delle sue parole io non mi fido ». Non fu mai visto
cedere alle lusinghe degli uomini del potere costituito nè salire
volentieri le scale della prefettura.
S'era creata intorno a lui un'atmosfera di astio pauroso da
parte degli agrari: mentre lo stimavano capivano che l'avrebbero
avuto nemico implacabile.
18 a
Il 12 marzo 1921 Matteotti doveva parlare a Castelguglielmo.
La lotta si era fatta da alcuni mesi violentissima ; s'era avuto
in Polesine il primo assassinio. Quel sabato egli percorreva la
strada in calesse e Stefano Stievano, di Pincara, sindaco, gli era
compagno. Ciclisti gli si fanno incontro dal paese per metterlo
in guardia : gli agrari hanno preparato un' imboscata. Matteotti
vuole che lo Stievano torni indietro e compie da solo il cam-
mino' che avanza. A Castelguglielmo si nota infatti movimento
insolito di fascisti assoldati; una folla armata. Alla sede della
Lega lo aspettano i lavoratori e Matteotti parla pacatamente
esortandoli alla resistenza: ad alcuni agrari che si presentano
per il contradditorio rifiuta ; era una vecchia tattica quando vo-
levano trovare un alibi per la propria violenza : parlare ingiu-
riosamente ai lavoratori per provocarne la reazione facendoli
cadere nell' insidia. Matteotti si offre invece di seguirli solo e
di parlare alla sede agraria ; così resta convenuto, e dai lavo-
ratori riesce ad ottenere che non si muovano per evitare incidenti
più gravi.
Non so se il coraggio e l'avvedutezza parvero provocazione.
Certo non appena egli ebbe vaccata la soglia padronale -at-
traverso doppia fila di armati - dimentichi del patto gli sono
intorno furenti, le rivoltell in mano, perchè s' induca a ritrat-
tare ciò che fece alla Camera e dichiari che lascerà il Polesine.
- Ho una dichiarazione sola da farvi : che non vi faccio
dichiarazioni.
Bastonato, sputacchiato non aggiunge sillaba, ostinato nella
resistenza. Lo spingono in alto a viva forza in un camion ; spa-
rando in alto tengono lontano i proletari accorsi in suo aiuto.
I carabinieri rimanevano chiusi in caserma.
Lo portano in giro per la campagna con la rivoltella spia-
nata e tenendogli il ginocchio sul petto, sempre minacciandolo
di morte se non promette di ritirarsi dalla vita politica. Visto
inutile ogni sforzo finalmente si decidono a buttarlo dal camion
nella via.
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