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Attività politica, Oggetto 33

Carla Lonzi1955 - 1957

La Galleria Nazionale

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Roma, Italy

Tessera del PCI per il 1955 di Carla Lonzi, tessera dell'Associazione Italia-Urss decimo anniversario 1956 anno dell'incontro e dell'amicizia tra i popoli, 3 pagine de «l'Unità» del 26 giugno 1956, prosa e appunti manoscritti, comunicato della sezione milanese G.M. Serrati del PCI (16 luglio 1956), numero unico del IX Congresso della Federazione comunista fiorentina, pagina de «Il Punto» del 23 febbraio 1957 su socialismo e democrazia.
Si conserva inoltre l'opuscolo di Piero Gobetti, Profilo di Giacomo Matteotti, a cura del Partito d'Azione nel XX annuale, «Quaderni dell'Italia libera», n. 8, luglio 1944.

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  • Title: Attività politica, Oggetto 33
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: 1955 - 1957
  • Transcript:
    ficate di un generale dell'esercito più forte, il mare. sciallo I. S. Koniev. Il trattato fu firmato a Varsavia il 14 maggio 1955 e ratificato da tutti i Parlamenti dei paesi aderenti. Cio nonostante anche dopo la stipulazione di que sto trattato l'URSS, a nome degli Stati firmatari pro pose agli occidentali la conclusione di un accordo fra i due blocchi: cioè fra l'UE e gli aderenti al Trat- tato di Varsavia, Nella situazione ogrettiva che si era andata creando i due blocchi hanno costituito un elemento di equi librio e di garanzia reciproca, anche se il loro costo, cioè le spese del riarmo hanno pesato maledettamente sui rispettivi popoli (l'Italia da quando ha aderito al Patto Atlantico ha già speso 4 mila miliardi di lire). Ora, con la rivolta ungherese e lo sbocco inevitabile che essa aveva, specialmente col passaggio dalla fron- tiera austriaca di clementi fascisti da tutta l'Europa, compresi i vecchi arnesi dei nostri replubblichini, po tevano l'URSS e gli altri paesi aderenti al trattato accettare la prospettiva della rottura di quell'equili. brio, e forse il passaggio dell'Ungheria al blocco occi- dentale? Questo è un aspetto che obbiettivamente gli uomini politici onesti non debbono ignorare. L'adesione ad un trattato non si può ritirare unila- teralmente senza trattare. Gli ultimi gesti del governo Nagy, l'ultimatum provocatorio del comando aereo ungherese caduto in mano delle destre e la minaccia di bombardamento delle truppe sovietiche non erano gesti che potevano garantire non diciamo l'URSS, ma nessuno degli aderenti al trattato. C'è qualcuno in Italia che crede seriamente che nel caso di una rivolta popolare italiana le forze armate americane che sostano a Napoli, a Livorno, nel Friuli ed altrove avrebbero accettato di essere cacciate via con la minaccia delle armi? E i partiti comunista e socialista che in Italia hanno condotto con slancio la lotta contro i blocchi militari e contro la permanenza di forze armate statunitensi nel nostro territorio, mai, assolutamente mai, hanno detto né hanno pensato di dire agli operai e ai cit- tadini di Napoli, di Livorno, ecc. di sparare sui soldati americani e di cacciare via le navi americane che contenevano le bombe atomiche. Sarebbe stata una provocazione antiamericana, oltre ad un ingrato gesto verso quelle forze armate che ci hanno aiutato a libe. rarci dai tedeschi. Avremmo dato una giustificazione agli americani per intervenire, tanto più se questo intervento fosse stato richiesto da un governo in base ad un articolo che tale intervento prevede. E chi crede seriamente che gli americani non sarebbero in tervenuti? La prospettiva che si è veramente affacciata con lo sbocco dell'insurrezione ungherese era indubbiamente quella della costituzione di uno stato che si sarebbe gettato nelle braccia degli occidentali i quali gli avrebbero sicuramente assegnato il ruolo d'Israele dell'Europa centrale, cioè di uno staterello fantoccio provocatore nel cuore dei paesi socialisti, pronto a creare il pretesto per un intervento occidentale come è avvenuto in Egitto. L'intervento dell'URSS per ristabilire l'equilibrio e creare le condizioni per trattare plurilateralmente anche il ritiro delle truppe sovietiche, non soltanto dall'Ungheria, ma da tutti quei paesi che lo vorranno, ci pare dunque il minor male. Certamente un atto necessario per impedire un incoraggiamento a provo- cazioni occidentali. E tale necessità è stata ormai riconosciuta da tutti i governi socialisti, compreso quello jugoslavo. L'attuale equilibrio deve essere su- perato da un accordo generale, ma non rotto a svan. aggio del campo socialista senza pericolo per la pace, La lezione che si deve dunque trarre dai tragici fatti di Ungheria e dell'Egitto è che deve essere supe- rata la politica dei blocchi. Il problema di un trattato o di un impegno qualunque per la sicurezza collettiva che ponga fine alla corsa al riarmo intensivo e avvii anzi al disarmo e alla fattiva cooperazione fra le mazioni si ripone oggi come una drammatica esigenza non soltanto alla coscienza dei governanti e dei poli. tici ma alle grandi masse operaie, ai contadini, agli intellettuali. a tutti i cittadini, Le pretese dell'on. Saragat che in questa situazione continua a pretendere il rafforzamento dell'Occiden- te > per una politica di forza e d'intimidazione contro i paesi del campo socialista non possono essere definite che irresponsabili e dettate da un uomo collerico che non ha l'equilibrio di chi sente di rap- presentare e interpretare una larga parte dell'opinione pubblica. Le sue proposte forsennate non soltanto non favoriscono la soluzione pacifica dei gravi problemi internazionali nel mondo cui sembra orientato lo stesso Presidente Eisenhower, ma non favoriscono neanche le trattative fra l'URSS e i paesi firmatari del trattato di Varsavia per porre su un nuovo piano i rapporti fra loro, e un completo rispetto del diritto di autodecisione É forse questo che vuole l'on. Saragat? ORAZIO BARBIERI Adeguare il Partito ai compiti che Non è possibile in una volta analizzare tutti i principali aspetti della nostra politica cittadina. Se altri scritti seguiranno a questo e si svilupperà un dibattito at- torno ad un aspetto fra i fon. damentali della politica della no stra federazione, il Partito è certo, nie trarrà grande giovamento. L'esame, anche se necessaria- mente critico, non vuole sottova. lutare gli aspetti positivi del nostro lavoro, la solidità della nostra or- ganizzazione, il prestigio e la ca- pacità del Partito in città. Tutt'al- tro. La sobria spregiudicatezza dell'esame critico parte proprio da questi elementi positivi che fanno del Partito una forza in- sostituibile per la democrazia e il socialismo a Firenze: parte dal la elevata coscienza acquisita dal Partito e dai lavoratori che, co- scienti del loro passato e della loro forza, possono guardare senza in- fingimenti e sino in fondo alle debolezze e agli errori che ancora frenano in città l'azione politica del Partito nella lotta per lo svi. luppo di Firenze, per un governo democratico delle classi lavora- trici, E un doloroso dato di fatto che il nostro Partito ha nelle due ul. time consultazioni elettorali per duto un discreto numero di voti: che il numero dei nostri iscritti è in questi ultimi anni stazionario. Pur esistendo da anni questa se ria, grave situazione, il Partito si posto con forza di rivedere criticamente il nostro lavoro po- litico in città solo da poco teni po, cioè con notevole ritardo, do vuto a un non sano ottimismo al. bergante soprattutto nella direzio. ne provinciale che ha impedito fino ad ogni di esaminare critica mente le cause delle nostre debo. lezze e di trarne le necessarie misure. Credo si possa affermare che è mancata quasi del tutto, in Firenze, una politica cittadina che partendo da una seria appro- fondita analisi (non vista in modo statico ma nel suo contraddittorio che ci ci attendono sviluppo economica, politica, 50- ciale e culturale, delle tradizioni e del carattere di Firenze e dei fio rentini, fissare e sviluppasse al. cune fondamentali questioni citta- dine, legate a quelle generali al- l'ordine del giorno del Paese, co- me una trama attorno a cui tesse. re tutta la nostra azione politica. Questo non è avvenuto. Le cause sono da ricercarsi in molteplici direzioni, non secondarie le in- sufficienze e gli errori manifesta tisi sul piano ideologico, politico e organizzativo in campo nazio- nale. Questo, i badi bene, non si gnifica togliere un'acca alla vali- dità delle lotte e dei successi con. seguiti dalla classe operaia e dei lavoratori fiorentini in difesa del la democrazia e della pace; non significa sottovalutare il prezioso, insostituibile lavoro e sacrificio sostenuto da centinaia di compa- gni e lavoratori che a Firenze co- me in ogni altra parte d'Italia hanno operato per difendere e fare avanzare la democrazia contro la politica reazionaria dei governi centristi Ma sta di fatto che a Firenze ci è quasi sempre mancata l'ini. ziativa politica, quella iniziativa che non va confusa con i lodevoli convegni o le riunioni a cui però non faceva seguito nessuna con- creta iniziativa di massa. L'ini. ziativa che abbiamo sviluppato - il più delle volte notevolmente efficace - è molto spesso scaturita al seguito dell'azione dell'avversa- rio. Attorno ai problemi di inte resse cittadino sia riguardanti l'in dustria, l'artigianato, il commer. cio, oppure la scuola, la casa, gli ospedali, il turismo, gli strati del sottoproletariato, il risanamento e lo sviluppo dei rioni cittadini ece; non abbiamo presentato dei piani organici, delle piattaforme capaci di raccogliere una larga unità e la collaborazione degli strati sociali intressati alla solu zione di quei problemi e di svilup pare la lotta. Anche se questo è un aspetto importante della nostra azione, non credo si possa identificare in ciò la nostra azione politica in di- rezione del Comune con la politica cittadina. Azione politica sovente giusta ma chiusa nelle mura di Palazzo Vecchio, non di massa, ma elaborata individualmente e patrimonio di pochissimi compa- uni iniziati alle cose del Comune. Queste sono alcune delle fonda- mentali cause, a mio avviso, che non hanno permesso al Partito una maggiore, marcata propria caratterizzazione rispetto ad altre forze politiche ed alle organizza. zioni di massa democratiche: il tener più desta e più chiara, di fronte alle masse, la prospettiva di profonde riforme di struttura, di far sviluppare più speditamente e profondamente e in maggior numero di cittadini le coscienza in senso socialista Certo è che per ben comprende re lo sviluppo ed insieme i difetti del Partito a Firenze sarebbe ne- cessario una ben più profonda analisi che tenesse sempre presente il processo di sviluppo del nostro Partito, la condizione e i termini della lotta nelle quali questo pro cesso avvenuto. La causa principale delle nostre serie debolezze credo sia da ri- cercarsi nei metodi di direzione e di lavoro della federazione. L'ela- borazione della politica e delle iniziative a Firenze non è stata prima di tutto frutto del comitato federale e delle sezioni cittadine ma principalmente della segrete- ria della federazione. Le Commis- sioni di lavoro federali non sono state strumenti di studio e di ricerca ma suprattutto di esecu- zione e di trasmissione, con scarsi legami fra loro. Era inevitabile che con questo metodo il dibat- tito politico, l'approfondimento critico, lo spirito creativo dei com- pagni venise più o meno scria- mente mortificato che il lavoro di organizzazione assumesse il ca- rattere preminente nella vita del
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