ficate di un generale dell'esercito più forte, il mare.
sciallo I. S. Koniev.
Il trattato fu firmato a Varsavia il 14 maggio 1955
e ratificato da tutti i Parlamenti dei paesi aderenti.
Cio nonostante anche dopo la stipulazione di que
sto trattato l'URSS, a nome degli Stati firmatari pro
pose agli occidentali la conclusione di un accordo fra
i due blocchi: cioè fra l'UE e gli aderenti al Trat-
tato di Varsavia,
Nella situazione ogrettiva che si era andata creando
i due blocchi hanno costituito un elemento di equi
librio e di garanzia reciproca, anche se il loro costo,
cioè le spese del riarmo hanno pesato maledettamente
sui rispettivi popoli (l'
Italia da quando ha aderito
al Patto Atlantico ha già speso 4 mila miliardi di lire).
Ora, con la rivolta ungherese e lo sbocco inevitabile
che essa aveva, specialmente col passaggio dalla fron-
tiera austriaca di clementi fascisti da tutta l'Europa,
compresi i vecchi arnesi dei nostri replubblichini, po
tevano l'URSS e gli altri paesi aderenti al trattato
accettare la prospettiva della rottura di quell'equili.
brio, e forse il passaggio dell'Ungheria al blocco occi-
dentale? Questo è un aspetto che obbiettivamente gli
uomini politici onesti non debbono ignorare.
L'adesione ad un trattato non si può ritirare unila-
teralmente senza trattare. Gli ultimi gesti del governo
Nagy, l'ultimatum provocatorio del comando aereo
ungherese caduto in mano delle destre e la minaccia
di bombardamento delle truppe
sovietiche non erano
gesti che potevano garantire non diciamo l'URSS, ma
nessuno degli aderenti al trattato.
C'è qualcuno in Italia che crede seriamente che
nel caso di una rivolta popolare italiana le forze
armate americane che sostano a Napoli, a Livorno,
nel Friuli ed altrove avrebbero accettato di essere
cacciate via con la minaccia delle armi?
E i partiti comunista e socialista che in Italia hanno
condotto con slancio la lotta contro i blocchi militari
e contro la permanenza di forze armate statunitensi
nel nostro territorio, mai, assolutamente mai, hanno
detto né hanno pensato di dire agli operai e ai cit-
tadini di Napoli, di Livorno, ecc. di sparare sui soldati
americani e di cacciare via le navi americane che
contenevano le bombe atomiche. Sarebbe stata una
provocazione antiamericana, oltre ad un ingrato gesto
verso quelle forze armate che ci hanno aiutato a libe.
rarci dai tedeschi. Avremmo dato una giustificazione
agli americani per intervenire, tanto più se questo
intervento fosse stato richiesto da un governo in base
ad un articolo che tale intervento prevede. E chi
crede seriamente che gli americani non sarebbero in
tervenuti?
La prospettiva che si è veramente affacciata con lo
sbocco dell'insurrezione ungherese era indubbiamente
quella della costituzione di uno stato che si sarebbe
gettato nelle braccia degli occidentali i quali gli
avrebbero sicuramente assegnato il ruolo d'Israele
dell'Europa centrale, cioè di uno staterello fantoccio
provocatore nel cuore dei paesi socialisti, pronto a
creare il pretesto per un intervento occidentale come
è avvenuto in Egitto.
L'intervento dell'URSS per ristabilire l'equilibrio
e creare le condizioni per trattare plurilateralmente
anche il ritiro delle truppe sovietiche, non soltanto
dall'Ungheria, ma da tutti quei paesi che lo vorranno,
ci pare dunque il minor male. Certamente un atto
necessario per impedire un incoraggiamento a provo-
cazioni occidentali. E tale necessità è stata ormai
riconosciuta da tutti i governi socialisti, compreso
quello jugoslavo. L'attuale equilibrio deve essere su-
perato da un accordo generale, ma non rotto a svan.
aggio del campo socialista senza pericolo per la pace,
La lezione che si deve dunque trarre dai tragici
fatti di
Ungheria e dell'Egitto è che deve essere supe-
rata la politica dei blocchi. Il problema di un trattato
o di un impegno qualunque per la sicurezza collettiva
che ponga fine alla corsa al riarmo intensivo e avvii
anzi al disarmo e alla fattiva cooperazione fra le
mazioni si ripone oggi come una drammatica esigenza
non soltanto alla coscienza dei governanti e dei poli.
tici ma alle grandi masse operaie, ai contadini, agli
intellettuali. a tutti i cittadini,
Le pretese dell'on. Saragat che in questa situazione
continua a pretendere il rafforzamento dell'Occiden-
te > per una politica di forza e d'intimidazione
contro i paesi del campo socialista non possono essere
definite che irresponsabili e dettate da un uomo
collerico che non ha l'equilibrio di chi sente di rap-
presentare e interpretare una larga parte dell'opinione
pubblica. Le sue proposte forsennate non soltanto non
favoriscono la soluzione pacifica dei gravi problemi
internazionali nel mondo cui sembra orientato lo
stesso Presidente Eisenhower, ma non favoriscono
neanche le trattative fra l'URSS e i paesi firmatari
del trattato di Varsavia per porre su un nuovo piano
i rapporti fra loro, e un completo rispetto del diritto
di autodecisione
É forse questo che vuole l'on. Saragat?
ORAZIO BARBIERI
Adeguare il Partito
ai compiti che
Non è possibile in una volta
analizzare tutti i principali aspetti
della nostra politica cittadina. Se
altri scritti seguiranno a questo
e si svilupperà un dibattito at-
torno ad un aspetto fra i fon.
damentali della politica della no
stra federazione, il Partito è certo,
nie trarrà grande giovamento.
L'esame, anche se necessaria-
mente critico, non vuole sottova.
lutare gli aspetti positivi del nostro
lavoro, la solidità della nostra or-
ganizzazione, il prestigio e la ca-
pacità del Partito in città. Tutt'al-
tro. La sobria spregiudicatezza
dell'esame critico parte proprio
da questi elementi positivi che
fanno del Partito una forza in-
sostituibile per la democrazia e
il socialismo a Firenze: parte dal
la elevata coscienza acquisita dal
Partito e dai lavoratori che, co-
scienti del loro passato e della loro
forza, possono guardare senza in-
fingimenti e sino in fondo alle
debolezze e agli errori che ancora
frenano in città l'azione politica
del Partito nella lotta per lo svi.
luppo di Firenze, per un governo
democratico delle classi lavora-
trici,
E un doloroso dato di fatto che
il nostro Partito ha nelle due ul.
time consultazioni elettorali per
duto un discreto numero di voti:
che il numero dei nostri iscritti
è in questi ultimi anni stazionario.
Pur esistendo da anni questa se
ria, grave situazione, il Partito
si posto con forza di rivedere
criticamente il nostro lavoro po-
litico in città solo da poco teni
po, cioè con notevole ritardo, do
vuto a un non sano ottimismo al.
bergante soprattutto nella direzio.
ne provinciale che ha impedito
fino ad ogni di esaminare critica
mente le cause delle nostre debo.
lezze e di trarne le necessarie
misure. Credo si possa affermare
che è mancata quasi del tutto,
in Firenze, una politica cittadina
che partendo da una seria appro-
fondita analisi (non vista in modo
statico ma nel suo contraddittorio
che ci
ci attendono
sviluppo economica, politica, 50-
ciale e culturale, delle tradizioni e
del carattere di Firenze e dei fio
rentini, fissare e sviluppasse al.
cune fondamentali questioni citta-
dine, legate a quelle generali al-
l'ordine del giorno del Paese, co-
me una trama attorno a cui tesse.
re tutta la nostra azione politica.
Questo non è avvenuto. Le cause
sono da ricercarsi in molteplici
direzioni, non secondarie le in-
sufficienze e gli errori manifesta
tisi sul piano ideologico, politico
e organizzativo in campo nazio-
nale.
Questo, i badi bene, non si
gnifica togliere un'acca alla vali-
dità delle lotte e dei successi con.
seguiti dalla classe operaia e dei
lavoratori fiorentini in difesa del
la democrazia e della pace; non
significa sottovalutare il prezioso,
insostituibile lavoro e sacrificio
sostenuto da centinaia di compa-
gni e lavoratori che a Firenze co-
me in ogni altra parte d'Italia
hanno operato per difendere e fare
avanzare la democrazia contro la
politica reazionaria dei governi
centristi
Ma sta di fatto che a Firenze
ci è quasi sempre mancata l'ini.
ziativa politica, quella iniziativa
che non va confusa con i lodevoli
convegni o le riunioni a cui però
non faceva seguito nessuna con-
creta iniziativa di massa. L'ini.
ziativa che abbiamo sviluppato
- il più delle volte notevolmente
efficace - è molto spesso scaturita
al seguito dell'azione dell'avversa-
rio. Attorno ai problemi di inte
resse cittadino sia riguardanti l'in
dustria, l'artigianato, il commer.
cio, oppure la scuola, la casa, gli
ospedali, il turismo, gli strati del
sottoproletariato, il risanamento
e lo sviluppo dei rioni cittadini
ece; non abbiamo presentato dei
piani organici, delle piattaforme
capaci di raccogliere una larga
unità e la collaborazione degli
strati sociali intressati alla solu
zione di quei problemi e di svilup
pare la lotta.
Anche se questo è un aspetto
importante della nostra azione,
non credo si possa identificare in
ciò la nostra azione politica in di-
rezione del Comune con la politica
cittadina. Azione politica sovente
giusta ma chiusa nelle mura di
Palazzo Vecchio, non di massa,
ma elaborata individualmente e
patrimonio di pochissimi compa-
uni iniziati alle cose del Comune.
Queste sono alcune delle fonda-
mentali cause, a mio avviso, che
non hanno permesso al Partito
una maggiore, marcata propria
caratterizzazione rispetto ad altre
forze politiche ed alle organizza.
zioni di massa democratiche: il
tener più desta e più chiara, di
fronte alle masse, la prospettiva
di profonde riforme di struttura,
di far sviluppare più speditamente
e profondamente e in maggior
numero di cittadini le coscienza
in senso socialista
Certo è che per ben comprende
re lo sviluppo ed insieme i difetti
del Partito a Firenze sarebbe ne-
cessario una ben più profonda
analisi che tenesse sempre presente
il processo di sviluppo del nostro
Partito, la condizione e i termini
della lotta nelle quali questo pro
cesso avvenuto.
La causa principale delle nostre
serie debolezze credo sia da ri-
cercarsi nei metodi di direzione e
di lavoro della federazione. L'ela-
borazione della politica e delle
iniziative a Firenze non è stata
prima di tutto frutto del comitato
federale e delle sezioni cittadine
ma principalmente della segrete-
ria della federazione. Le Commis-
sioni di lavoro federali non sono
state strumenti di studio e di
ricerca ma suprattutto di esecu-
zione e di trasmissione, con scarsi
legami fra loro. Era inevitabile
che con questo metodo il dibat-
tito politico, l'approfondimento
critico, lo spirito creativo dei com-
pagni venise più o meno scria-
mente mortificato che il lavoro
di organizzazione assumesse il ca-
rattere preminente nella vita del