‘Believe It Or Not’ [Credici o meno]: con queste parole, Alice Pasquini conduce lo spettatore alla scoperta di uno spazio che raffigura un lato significativo e inaspettato del suo lavoro. Uno spazio dove le illusioni accadono su più livelli. Tra colori tenui che emergono tra l’apparente bianco e nero e strati di figure e frasi che sembrano scomparire e materializzarsi sulle pareti, Alice ci trascina in un mondo di personaggi surreali. Questi personaggi, che vivono la loro vita tra magia e illusione, ci trasportano al tempo dell’infanzia, quando trucchi e giochi erano percepiti come una fantastica realtà, non ancora contaminata dal cinismo dell’età adulta. Credere o non credere? In questa stanza ci viene chiesto di abbassare la guardia e immergerci nel mondo oscuro di Alice. Solo in questo spazio chiuso l’artista può rivelare un nuovo aspetto del suo lavoro, ossia quello che si fonda sulla costruzione di misteri e apparizioni che sembrano dilagare su ogni superficie disponibile. È la dualità dell’artista ad essere in mostra, svincolata dai confini dell’arte pubblica. Allontanandosi dai colori vivaci che caratterizzano il suo lavoro pubblico, la collocazione in un ambiente chiuso facilita l’apparizione di personaggi marginali inondati di nero, e, non senza una nota nostalgica, reclama un ritorno alla nostra gioventù, quando fantasia e illusione ci facevano credere che tutto era possibile
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