Il 1962 è per Mario Schifano un anno cruciale sotto più punti di vista: ottiene un primo riconoscimento critico a livello internazionale con l’invito a partecipare alla mostra «The New Realists», ordinata da Pierre Restany allla Sidney Janis Gallery di New York, una vetrina importante per verificare le sue ambizioni a confronto con i dirimpettai francesi del nouveau réalisme e la nuova generazione di artisti americani che di lì a poco sarebbe esplosa anche in Europa con l’etichetta della pop art. Su un artista permeabile alle sollecitazioni linguistiche come Schifano l’esperienza americana non scivola via sterilmente, e così, in coda alla stagione dei quadri monocromi, la sua ricerca si schiude non solo più a cifre e fonemi ma a stralci facilmente riconoscibili della realtà urbana che irrompono sulle tele con il passo dei dettagli ingigantiti in prestito dai cartelloni pubblicitari o i logo frammentati della Coca Cola e della Esso. «Indicazione grande», realizzato secondo l’allora abitudine dell’artista di servirsi della carta da pacchi intelata come supporto, ripropone la ripartizione geometrica riscontabile negli elaborati del periodo, ma questa volta originata da uno spunto molto familiare: un segmento di strada attraversata dalla linea di mezzeria, un particolare isolato come il frame di un video che suggerisce la continuità di un prima e di un dopo. Non mancano in questo lavoro le tipiche scolature di colore libere di correre in deroga alla geometrica partitura del dipinto: gli indizi lasciati dall’artista del furto pittorico di un frammento della più ordinaria realtà.
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