In un quadro di modeste dimensioni Ligabue sintetizza, con la sua abituale abilità e fantasia, la lotta per la vita nell’immagine di una vedova nera che finisce un uccello dalle ali aperte ed ormai inerte, in un forte contrasto tra la chiarità del piumaggio del pennuto e la secca scabrosità delle nere zampe del ragno che si muovono simultaneamente in circolo aggressive e dinamiche. Le due immagini sovrapposte (una bloccata e l’altra in movimento) sono centrali nella parte inferiore del dipinto dai colori spenti del terreno, verdi, marroni, bruni che accentuano ed isolano il senso del dramma, mentre la parte superiore rappresenta una foresta fitta di alberi che si stagliano su un azzurro cielo, lontana ed indifferente a quanto avviene in primo piano. Una linea precisa, orizzontale, taglia in due la scena. Il pittore riesce a dare il senso dell’attenzione su un particolare, esaltato al massimo davanti a noi, con la scena del ragno ed insieme la vastità della foresta, un insieme totalizzante, divisi da un senso di separazione tra le due immagini e di “lontananza” come ricercava di ottenere il Toni. Non dobbiamo dimenticare che per Ligabue gli insetti non rappresentavano animali repulsivi, ma indicavano la dinamica stessa della vita, il contrapporsi di esistenza e morte, il rinnovo di un ciclo, una vitalità che andava oltre ogni scomparsa.