Per trovare una sistemazione per tutti coloro che migrano verso le città (un evento, in teoria, positivo) si dovrebbe costruire ogni settimana una città in grado di ospitare un milione di persone, a un costo di circa diecimila dollari a famiglia. L’urbanizzazione richiederà di edificare a un ritmo e con una scarsezza di mezzi del tutto inediti nella storia umana. Non farlo non dissuaderà le persone dal migrare verso le città. Arriveranno in ogni caso, e vivranno in condizioni terribili. Che fare, dunque?
Una possibile risposta arriva dal Paraguay, una delle nazioni più “improbabili” del pianeta. È qui
che Solano Benítez ha dato un nuovo significato a due fra le risorse più abbondanti al mondo: i mattoni e la manodopera non qualificata. In Paraguay i mattoni sono una scelta obbligata.
Ma, anziché lamentarsi per ciò che manca (materiali architettonici industriali), Benítez ha approfondito lo studio di questo prodotto, investigandone le proprietà. Il suo approccio strutturale, sofisticato e naturale a un tempo, ha permesso di impiegare, per costruire, manodopera non qualificata. Nelle nazioni in via di sviluppo l’industria edile, più che un mestiere, è un modo per mantenere il tasso di disoccupazione il più basso possibile. Per questo la classe dirigente tende a prediligere sistemi edilizi inefficienti, che garantiscono alta intensità di lavoro ma, di contro, producono costruzioni di scarsa qualità.
Benítez si è avvalso del design per disgiungere la qualità del prodotto finale dall’utilizzo di manodopera non qualificata. In alcuni casi ha prefabbricato pannelli in modo contro-intuitivo: semplicemente versando malta fra i mattoni posati a terra. Altre volte ha “ripiegato” i mattoni in un pannello autoportante a tre dimensioni. Altre ancora, ha usato i mattoni come nervi di lastre stereometriche fatte a mano.
In tutti questi casi, l’utilizzo ingegnoso di materiali low-tech sfrutta la forma per ottenere una maggiore resistenza, rendendo quindi possibile includere nell’economia edilizia persone non formate per il settore. Benítez ha sfruttato le sue abilità per incanalare le risorse più abbondanti, mattoni e manodopera non qualificata, e creare un’architettura pertinente e sorprendente a un tempo. Tale conoscenza, applicata a un materiale così diffuso, rende l’operazione universalmente replicabile; la saggezza strutturale su cui si basa ha permesso di coinvolgere manodopera non qualificata trasformando una risorsa di poco valore in una pratica democratica. Servono operazioni di questo tipo per affrontare un processo rapido e globale come quello dell’urbanizzazione.