La sintetica definizione, la semplicità dei dettagli e la distaccata frontalità dello sguardo sono i caratteri che maggiormente colpiscono nel "Busto di ragazzo" di Arturo Martini. Realizzato durante il suo soggiorno a Vado Ligure nel 1921, rivela non soltanto la riflessione sulla ritrattistica statuaria italiana del Quattrocento (specialmente sugli esempi di Donatello, Laurana, Rosellino e Benedetto da Maiano), ma anche l'affinità con lo spirito della rivista romana "Valori Plastici", alla quale si era accostato anche Carlo Carrà. L'esplicito riferimento, nel busto, a un'incisione di Carrà pubblicata sulla copertina del numero IX-XII di "Valori Plastici" (1920) e al disegno preparatorio per "Natura morta metafisica" del 1919 dello stesso artista, raccontano del tentativo di Martini di adeguarsi ai rigidi schemi teorici della rivista che auspicava il ritorno alla sobrietà costruttiva della grande tradizione nazionale. Tra i più efficaci esempi di questa vicinanza, il "Busto di ragazzo" fu esposto prima a Berlino nell'aprile 1921, in una collettiva organizzata da Mario Broglio, animatore della rivista, e l'anno successivo a Firenze, dove "Valori Plastici" si presentava alla Primaverile come autonomo gruppo di tendenza. Tuttavia i rapporti di Martini con il gruppo romano ebbero un carattere ambiguo: nelle pagine della rivista non comparve alcuna nota critica sul suo lavoro e le suo opere furono pubblicate occasionalmente e senza commento. Il gesso del "Busto di ragazzo" fu affidato, con altre sei opere, a Mario Girardon il 26 marzo 1921 come garanzia del contratto che lo legava per un biennio a "Valori Plastici". L'opera, a causa della rescissione anticipata del contratto dopo soli dieci mesi, rimase di proprietà dello stesso Girardon fino al 1936, quando fu riscattata dall'artista che poi la lascià a Egle Rosmini. Fu lei, probabilmente, ad autorizzare la fusione di due bronzi, uno dei quali è entrato a far parte delle Civiche Raccolte Milanesi nel 1951.