Rosa Sciomachen (1881-1959) nel suo testamento nomina erede dei suoi beni l'Ospedale Maggiore, eseguendo anche la volontà del padre Filippo, abbiente orafo discendente da un illustre famiglia di argentieri milanesi, con negozio in Via Orefici. Il padre, nel testamento stilato nel 1931, l'aveva nominata erede universale, chiedendole però di destinare, quando fosse il momento, 200 milioni all'Ospedale Maggiore. La benefattrice esegue puntualmente le volontà paterne, lasciando questa cifra alla Ca' Granda, prevedendo però altri legati per complessivi 11 milioni a diversi Enti benefici; dona la propria abitazione in Foro Bonaparte all'Arcivescovado. Sia il padre sia la figlia chiedono di non eseguire il ritratto. La Commissione Artistica, per onorare la benefattrice, opta allora per un soggetto allegorico commemorativo: "La Carità", e ne affida l'esecuzione a Gianfilippo Usellini. Il pittore, con una composizione simmetrica e frontale, evidenzia la figura centrale della Carità che mostra ai poveri casa e spighe, calpestando gioielli e pietre preziose. La semplicità primitivista è spesso presente nella pittura di Usellini: in questo dipinto è attenuata da un particolare umoristico ai margini della tela: la mano nera di un diavolo che sottrae furtivamente un gioiello.