Nulla è noto di questo capolavoro prima dell'appartenenza alla collezione di Teodoro Correr; neppure se fosse una piccola pala d'altare o un dipinto destinato alla devozione privata. La sua originaria pertinenza veneziana è tuttavia assai probabile: la Pietà venne realizzata nei mesi del documentato soggiorno lagunare del 1475-1476, oppure - ed è l'opinione che più di recente prevale - inviata poco dopo da Messina.
L'opera risulta oggi gravemente danneggiata da improvvidi restauri antichi nelle teste delle figure; fortunatamente è assai meglio conservata nelle altre parti, come il corpo di Cristo e il minuzioso paesaggio di fondo: una cristallina veduta di Messina - fedele la ripresa absidale della chiesa di San Francesco - spinta fino all'orizzonte del mare e resa con perspicacia ottica a metà tra Pietro della Francesca e i pittori fiamminghi. Quest'ultime componenti, unite a quelle tecniche insite nel raffinato uso del colore ad olio, sono quelle che, già aleggianti sulla cultura pittorica veneziana del momento, fecero qui riconoscere in Antonello un eletto modello di sintesi e riferimento. Immagine di altissima tensione poetica e spirituale, risulta una personale interpretazione del tipico tema veneziano della Pietà, molte altre volte trattato, specialmente da Giovanni Bellini. E' con quest'ultimo che il messinese pare, a sua volta, voler instaurare, attraverso quest'opera, uno speciale dialogo e una vicinanza.