Inizialmente assegnata a Jusepe de Ribera e poi retrocessa alla sua scuola, la Disputa è stata per lungo tempo inclusa nel corpus del fiammingo Hendrick van Somer (ovvero – correttamente – De Somer), interprete fedele quanto autonomo del maestro spagnolo a Napoli tra il terzo e il sesto decennio del Seicento.
L’opera è certo legata agli esempi del primo Ribera napoletano, e anzi essa appare addirittura più riberesca dei suoi modelli, tanto insistita è l’esibizione del grottesco campionario di rugosi tipi senili, qui non controbilanciata neanche dalla figura del giovinetto imberbe come accade, per esempio, nel Gesù fra i dottori dello Spagnoletto nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, a cui pure la composizione sembra ispirarsi; e tuttavia la spazialità bloccata del dipinto, la sua parlata ancora arcaizzante, l’intensificazione della gamma cromatica e l’attenzione per il valore delle superfici, in particolare per la resa di nitida esattezza ottica dei tessuti damascati, corrispondono senza dubbio al caratteristico marchio di fabbrica messo a punto da Filippo Vitale, uno degli esponenti più antichi e rilevanti del primo naturalismo meridionale.