Ana Gallardo
Nata a Rosario, Argentina, nel 1958.
Vive e lavora a Buenos Aires, Argentina.
Quando Ana Gallardo aveva cinque anni, sua madre, la pittrice spagnola Carmen Gomez Raba, morì a soli trentotto anni. Da allora Ana è una sopravvissuta. Suo padre, il poeta Jose Carlos Gallardo, si risposò ben presto. A quattordici anni Ana lavorava già, e a diciassette anni ottenne l’emancipazione legale. Gallardo comincio da sola la propria educazione artistica frequentando gli studi di vari maestri, e tenne le prime esposizioni ancora giovane. Solo nel 1996 pero, quando aveva la stessa età in cui era morta madre, lo struggente lavoro politico di Ana cominciò a fiorire, mettendola in grado di esprimere un proprio messaggio, urgente e viscerale, con la massima economia di mezzi.
Negli ultimi dieci anni i suoi disegni monumentali e i progetti partecipativi hanno espresso una silenziosa denuncia: la sua è un’arte che attira l’attenzione verso specifici problemi di abbandono e indifferenza, esplorando le possibilità di trasformare lo status quo delle microsocietà. In A boca de jarro (A bruciapelo, 2008), Silvia Monica, un travestito che si prostituiva, ha vissuto il sogno di diventare una vera attrice in un vero teatro. I suoi testi erano una condanna degli abusi sui minori e l’esperienza di creare e partecipare al lavoro di Gallardo l’ha portata all’abbandono della prostituzione.
Di recente i progetti di Gallardo si sono concentrati sui modi in cui assicurare a tutti una vecchiaia dignitosa. Nel suo progetto A Place to Live When We Are Old (2012), pensa alla casa di riposo dove andrà come a un luogo in cui, illuminata dalla saggezza dei suoi vecchi, raggiungerà infine la pienezza della terza età, ricca e luminosa come qualsiasi periodo precedente della vita. L’opera presentata alla Biennale di Venezia, El pedimento (2009-2015), è ispirata a vari rituali culturali di Oaxaca, in Messico, durante i quali la gente porta offerte agli dei nella speranza di godere dei loro favori. L’artista invita i presenti a pensare specificamente al loro futuro in tarda età e a plasmare una figurina d’argilla come simbolo delle loro preoccupazioni o dei loro desideri per il futuro.