"Forme uniche della continuità nello spazio" fu uno degli undici "insiemi plastici" presentati da Umberto Boccioni nella mostra parigina organizzata dalla Gallerie La Boëtie, tra giugno e luglio 1931. Si trattava, in ordine di tempo, dell'ultimo lavoro scultoreo dell'artista e anche quello "più liberato", come egli stesso scrisse in una lettera a Giuseppe Sprovieri, il 4 settembre 1913. Dopo Roma (dicembre 1913), Firenze (marzo.aprile 1914) e Londra (aprile 1914), il gesso fu esposto alla Galleria Centrale d'Arte di Milano (dicembre 1916 - gennaio 1917), nei mesi immediatamente successivi la prematura morte di Boccioni. Non risultando tra le sculture depositate presso lo studio dell'artista Pietro da Verona, dopo la mostra milanese è verosimile che il gesso "Forme uniche" fosse già nelle mani del pittore futurista Fedele Azari che, nel 1928, lo cedette a Filippo Tommaso Marinetti. La scultura riapparve in pubblico nel maggio 1033, durante la grande mostra dedicata all'artista allestita nel Castello Sforzesco di Milano. Per l'occasione, Marinetti concesse la versione in bronzo scuro dell'opera, realizzata dalla fonderia Chiaruzzi nel 1931 (dal maestro Luigi Ciampaglia), con la dichiarata espettativa che l'amministrazione comunale milanese la acquisisse, rimborsandogli le sole spese di fusione (8000 lire). Oltre a questo esemplare bronzeo di "Forme uniche", entrato nelle raccolte d'arte milanesi nel febbraio 1934 ed esposto nella cruciale mostra newyorkese "Cubism and Abstract Art" del 1936, Marinetti certamente commissionò alla stessa fonderia una seconda fusione in ottone levigato della scultura: quest'altra fusione sarebbe stata acquistata dal Museum of Modern Art di New York nel 1948 con i fondi del lascito Lille P. Bliss. Prima che il gesso originale fosse ceduto a Francesco Matarazzo Sobrinho (1952), che successivamente lo donò al Museu de Arte di San Paolo del Brasile (1963), Benedetta Marinetti commissionò a Giovanni e Angelo Nicci di Roma altri due bronzi (1949), acquistati dai coniugi Winston di New York e da Paolo Marinotti di Milano (1956). Dall'esemplare di quest'ultimo, la Galleria La Medusa di Roma fece eseguire, in accordo con il collezionista, altre otto copie della scultura (1917). Ultimo tassello noto della complicata vicenda di "Forme uniche", di cui si annoverano sei o sette versioni eseguite in diverse epoche, è la fusione del 1972 per la collezione della Tate Gallery di Londra, autorizzata dal museo di San Paolo che, oltra la gesso originale, possiede a sua volta una copia in bronzo della scultura. Lodata da Roberto Longhi nel suo saggio "Scultura futurista-Boccioni" del 1914, "Forme uniche" è sempre stata considerata dalla critica la più riuscita opera scultorea di Boccioni, quella dove le sue teorie sul dinamismo plastico sono state interpretate con più convincente capacità di sintesi ed equilibrio. La messa in sequenza delle quattro sculture in cui affrontò il tema del "moto relativo" di un corpo umano nell'ambiente ("Muscoli in velocità, Sintesi del dinamismo umano", "Espansione spiralica di muscoli in movimento" e le "Forme uniche") evidenzia il progressivo allontanamento dal naturalismo descrittivo e dalla riproduzione cinematica del movimento a favore di una maggiore astrazione: la logica ancora decorativa delle prime due, realizzate secondo le soluzioni pittoriche di "Elasticità" (1912), lasciava il posto alla più pronunciata sintesi volumetrica delle seconde, più riuscita nelle "Forme uniche". Eliminando tutti gli elementi ambientali, Boccioni cercò di tradurre plasticamente i concetti espressi nell'articolo "Fondamento plastico della scultura e pittura futurista", pubblicato sulla rivista "Lacerba" nel marzo 1913, in cui sosteneva la necessità di sostituire le "sagome distinte" con la "contintuità" della materia. Nell'elaborazione delle sue idee sul dinamismo e nella scelta di ricorrere al nudo maschile per tradurle plasticamente, ebbero forse qualche ruolo le teorie di Auguste Rodin, pubblicate nel 1911 da Paul Gsell nel volume "L'Art" che indicava nel suo "L'Homme qui marche", allora visibile a Roma in una versione monumentale, un buon esempio di movimento reso attraverso la sintesi di movimenti diversi. D'altra parte Boccioni possedeva da alcuni anni i volumi "Human Figure in Motion" e "Animal in Motion" di Eadweard Muybridge, le cui tavole con figure di atleti e uomini nudi fotografati nella successione dei movimenti furono da lui attentamente osservate. [Massimo De Sabbata]