Genio Futurista - Giacomo Balla -
1925
Olio su tela d’arazzo, cm. 279 × 381. Guidonia (Roma), Collezione Laura Biagiotti. La monumentale opera Genio Futurista di Giacomo Balla è la più grande opera mai realizzata da Balla ed è stata
ritenuta sia dalla critica che dall’artista stesso, l’opera cardine
della sua presenza all’Esposizione di Parigi del 1925: presenza
altamente simbolica per l’origine e gli sviluppi dell’Art Déco.
L’opera fa parte dell’importante raccolta di Giacomo Balla collezionata
dalla stilista Laura Biagiotti che nel 1996 ha dato vita
assieme alla famiglia alla Fondazione Biagiotti Cigna in memoria
del marito, Gianni Cigna, prematuramente scomparso.
La raccolta è nata da una grande passione per l’arte e riunisce
oltre duecento lavori dell’artista, di cui uno dei nuclei principali
è costituito dagli studi realizzati da Balla per la moda e rappresenta
il maggiore e più importante insieme di arte applicata futurista
che esista; l’intera collezione è stata presentata nel 1996
a Mosca nel Museo Puskin e nel 1998 a Roma presso il Chiostro
del Bramante. L’arazzo Genio Futurista è stato esposto all’Ara
Pacis a Roma nel 2009.
“L’opera viene realizzata da Balla per l’Exposition Internationale
des Arts décoratifs modernes tenutasi a Parigi nel 1925, dove
è esposta nel padiglione delle arti decorative insieme ad altre
sue realizzazioni.
La mostra parigina sancisce la larghissima e ormai capillare
diffusione internazionale delle idee dei futuristi che, interpretando
le teorie di Filippo Tommaso Marinetti, avevano già nel
decennio precedente operato una vera e propria rivoluzione in
campo ideologico e artistico e dato voce allo slancio che aprì
la strada alle avanguardie internazionali. Il mito della velocità,
del dinamismo, si lega ormai, in quell’epoca, ad un nuovo concetto
di arte, che i futuristi intendono non più come semplice rappresentazione, ma come azione concreta sul mondo, che si
traduce in un inno alla modernità, al progresso e alle macchine,
ed incarna la visione ottimista e progressista di inizio secolo.
L’arazzo venne poi nuovamente esposto alla mostra degli
Amatori e Cultori di Roma nel 1928, in posizione dominante al
centro di una parete nella grande sala antologica dedicata al
lavoro di Giacomo Balla, in cui l’artista presentava una selezione
delle opere più importanti della sua carriera, a partire dal
divisionismo di inizio secolo.
Impostato sui colori italiani (rosso, bianco e verde), che si
intarsiano su un fondo blu e azzurro, la composizione “prismatica”
è incentrata su una schematica figura d’uomo, la testa a
stella, simbolo dell’Italia. Da questa figura astratta solo vagamente
antropomorfa (il Genio futurista, in fondo autoritratto
dello stesso Balla) si irradiano forme-rumore che condensano
le diverse esperienze pittoriche futuriste dell’artista in una sorta
di summa artistica: dalle forme acute “motorumoriste” ai volumi
astratti di Feu d’Artifice (1916-1917), dal tricolorismo patriottico
di Forme-grido Viva l’Italia (1915) alle rappresentazioni teoriche
e teosofiche sulla “quarta dimensione” di Trasformazioni
forme-spiriti (1918) e di Pessimismo contro Ottimismo (1923), ai
triangoli intersecati delle Compenetrazioni iridescenti (1912-13).
L’arazzo Genio futurista è la rappresentazione precisa e
riassuntiva di un processo geniale che porta l’artista alla conoscenza
dei rapporti dinamici dell’universo, e alla loro rappresentazione
come forme e colori puri: avanguardia non solo
di forme, ma anche e soprattutto di intuizioni intellettuali, di
dimensioni che superano il visibile e danno corpo all’invisibile,
come lo stesso Balla affermava nel Manifesto della Ricostruzione
Futurista dell’Universo (1915).”
Prof. Fabio Benzi
Ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di
Chieti e Curatore Scientifico della Fondazione Biagiotti Cigna.