Non è molto facile incontrarsi con una personale di Dino
Caponi: egli ha preponderante il culto del lavoro quanto il pu-
dore geloso del suo operato.
Sembra perciò opportuna questa mostra a La Strozzina che
ospita un ciclo di dipinti del 1956, ben validi ad aggiornare la
conoscenza di Caponi fino alle ultimissime prove. È parso utile
tuttavia, a mo' di introduzione, esporre tre dipinti del '55, di
due diversi momenti, come opportuni termini di paragone e di
riferimento
All'ultima Mostra del Premio Pontedera, infatti, Caponi espo-
neva tre quadri che preannunciavano, sia pure con risultati an-
cora immaturi e frammentari, la fase pittorica attuale. A quei
Paesaggi ispirati dalle dune boscose della costa tirrenica e ma-
remmana Caponi giungeva dopo un periodo definibile purista,
in quanto l'interesse dominante era costituito dalla ricerca di una
rigorosa conseguenza stilistica nell'ambito della quale il pittore
moveva a castigare la sua visione, organizzando il dipinto nel
rapporto semplice ed elementare di poche superfici e volumi in-
tesi a stabilire uno spazio grande e misurato. La lezione di Rosai
si trasferiva allora in una pittura dalle tonalità delicate e teneris-
sime, dalla luce chiara e diffusa, con un'intonazione, come fu
osservato, tra giuliva e melanconica: una pittura impeccabile ma
talora non priva di certe piacevolezze di moduli e di flessioni.
Non saprei dire ove Caponi per quella via avrebbe potuto
giungere. E sembra che lui stesso si sia posto questa domanda,
interrompendo a un certo momento quello sviluppo per tentare
altre soluzioni.
Ciò che da prima si poteva osservare nei tre Paesi citati,
era la vivacità di un'esecuzione che lungi dall'attuarsi attraverso
tramature e risonanze di colore, preferiva valersi del potere im-
mediato di accostamenti e di passaggi molto nettamente avver-
tibili. Mutava integralmente anche il senso dell'inquadratura ove
a tutto il precedente sistema di poche ferme volumetrie intese
nei reciproci rapporti di distanza e di spazio, di incontri e di
divergenze, si sostituiva l'aspirazione ad una visione per sequenze
di avvicendamenti frequenti e insistiti. Si può intendere con fa-
cilità come il pittore non si trovasse subito a suo agio nel nuovo
clima espressivo. Ma valeva molto di più notare, come del resto
feci io in quella occasione, che quei Paesi ci ponevano di fronte
a risultati chiaramente qualificabili come il frutto di sollecita-
zioni ed esigenze interiori, e perciò immuni da ogni esito pro-
grammatico come da ogni rigido stilema.
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