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In genere siamo abituati a credere che la vocazione artistica sia quale
cosa che si succhia insieme al latte materno e non invece una necessità
che
che si fa avanti al momento opportuno, per una sorta di maturazione
determina un salto qualitativo. Quando ciò avviene è all'insegna di una
folle saggezza che invano cercheremo nella vocazione precoce di giovani
che si fanno sulla lettura dei testi alla moda e si esprimono colla
fanatica pedanteria degli assistenti universitari. Quando ciò avviene
non è con le stigmate della crudeltà mentale con cui gratuitamente
molti intellettuali tentano di consolarsi di non aver vissuto, ma con
la pietà di chi ha chiesto tutto alla vita per sé e per mli altri.
Non a caso questo pittore è stato ignorato dalla critica italiana
sguinzagliatissima, ma vagamente astrale ( non così a Parigi, a Cope=
naphen, a Monaco) Nella carestia creativa che caratterizza l'attuale
momento artistico dove al massimo di libertà teorica non si sente il
bigo eno di far corrispondere alcuna libertà di esistenza, la pantagrue
lica tavola imbandita da Gallizio è stata accolta come un atto sconve
niente, la sua felicità come sintomo di sangue grossolano, l'umore
socievole delle sue analorie e dei suoi simboli come un modo istrionico
di cattivarsi il pubblico. Non ci si è accorti che allizio, in un
mondo dove conformismo significa anche giustificata accettazione della
propria insignificanza vitale e dei suoi deliri, ha portato i segni
di una convivenza tutta da reinventare alla luce di una primaria verità
e scioltezza degli istinti. Così come le sue attività precedenti la
pittura, in particolare la botanica e l'archeologia, nel contatto con
la vita vivente e con le tracce di primordiale comportamento umano,
gli avevano a lunro Su eri to.
Ja
In una vita affrontata senza calcolo e senza risparmio,Gallizio
ha trovato la concretezza del proprio tirmo creativo. Ta sua pittura
rientra in una concezione di dispendiosità ormai quasi inconcepibile
(di tempo, di affetti, di energie, di cose inutili) da gran signore o
da miserabile e presuppone un tesaurizzare della coscienza su un piano
superiore di gioco. Se veramente ori "quella che un tempo i filosofi
chiamavano vita" è incanalata nel circuito chiuso della produzione-con=
sumo, il mioco rappresenta il resto di rottura su un piano nuovamente
umano, la falla attraverso cui le energie fluiscono liberamente.
irregolarità paradossale con cui si sono svolte le vicende di fallizio
(cosa che sembra tanto divertente, senza "costo", alla gente responsa=
bile), in fondo non è altro che un rifiuto alla repressione vitale cui
E se
è costretto l'individuo dalle lerri di sopravvivenza economica.
le sue stesse origini contadine nel senso di un empirismo magico, a
cui sono connesse le passioni di conoscenza che hanno scandito senza
mezzi termini la sua vita (un lusso pazzesco), costituiscono la base
della sua inconciliabilità con la distorsione ai fini utilitati delle
energie libere, sessuali dell'uomo.
T'idea di trasformare il mondo e l'uomo stesso in un perfetto
meccanismo artificiale, utilizzando ogni forza che circola liberamente
dall'atomo al cosmo, pud sembrare legittimo fino alla civiltà meccani=
ca, allo scienziato, all'ingegnere, all'industriale o all'operaio, ma
troverà sempre inconciliabile il contadino, pud pervadere i ritmi di
produzione della plastica o dell'acciaio, ma non avrà alcun senso se
applicata alle colture della frutta e dei legumi. Dopo le trafiche
eliminazioni in massa di una trentina d'anni fa (limili per molti
aspetti alle elimibazioni delle streche durante il Medio Evo), TURSS
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