A questo capolavoro di D.M. Viani le fonti settecentesche riservarono apprezzamenti davvero lusinghieri. Afferma L. Crespi (1769): "Fece tosto un gran quadro per la casa Ratta esprimendovi Giove innamorato di Cerere, e talmente lo fece studiato, grandioso, caratterizzato, che gran nome gli diede, ed è la più bell'opera che abbia mai fatta"; prima ancora lo Zanotti (1739) ne aveva osservato il "disegno forte, massiccio, e singolarmente nella figura del Giove, essendo quella di Cerere venusta, e graziosa" ed il "colorito ancora vario, e morbido, tratto dalla scuola veneta", oltre che l'impianto neocarraccesco nella costruzione solenne dell'immagine. La notorietà dell'opera, eseguita per il senatore Ratta subito dopo il rientro dell'artista a Bologna avvenuto nel 1700, ebbe tale risonanza che "non passò … gran personaggio per Bologna, che non fosse condotto a vedere il quadro del Giove" (Zanotti, 1739). Lo stesso cardinale d'Adda ne richiese una replica su rame (ora presso il museo dell'Ermitage).