Il ritratto della Giovinetta in bianco è appartenuto alla critica d’arte Margherita Sarfatti, che così la descriveva: «Pure di quell’anno è il sottile e ineffabile ritratto di giovinetta, della raccolta Sarfatti. Dipinta a toni di bianco-grigio e di grigio-nero, è la grande, fremida figura di una giovinetta febbricitante, la quale poco dopo morì tisica, e qui è già fuori dalla vita. Eppure non ha in sé nulla di lugubre, tutta fantasiosa e delicata, pare una bionda regina di fiaba, una squisitamente amata fanciulla di sogno».
L’opera si distingue per alta qualità pittorica, Ranzoni si serve infatti del colore andando ad evocare un’atmosfera rarefatta. È proprio la pittura, che qui esemplifica l’ultima maniera del Ranzoni, a dominare: leggerissima e finissima la tessitura, come se osservata attraverso una garza impalpabile che smussa e fonde i toni ed i contorni, la figura non perde di solidità, ma si afferma nello spazio e ne misura la profondità.