Gli architetti hanno la tendenza a preoccuparsi di carenze, emergenze, crisi e problemi di ogni tipo che possano minacciare la qualità del loro lavoro. Ma, almeno in questi casi, è chiaro chi sia il nemico. La situazione è molto più rischiosa quando l’avversario è generalizzato, come il tradizionale e apparentemente inoffensivo mercato dell’edilizia residenziale borghese, responsabile della maggior parte dei metri quadri edificati nel mondo. Un settore di nicchia dove nessuno ha il coraggio di allontanarsi dalla norma codificata per timore di essere rimpiazzato dal prossimo architetto in fila. Questo porta a un circolo vizioso per cui il costruttore asserisce di sapere cosa vuole il pubblico (un eufemismo per dire che ha calcolato i margini per garantirsi guadagno e profitto), la norma non deve essere troppo astrusa per non complicare tutta l’operazione commerciale e, di conseguenza, qualsiasi architetto medio può svolgere il lavoro. A questo punto, chiunque voglia sfidare lo status quo, minacciando il ritorno economico dell’impresa, è licenziato o trattato alla stregua di merce, dal momento che un professionista mediamente qualificato può essere rimpiazzato con facilità.
Questo è un settore, inoltre, dove è difficile dimostrare che esiste un problema. Le esigenze basilari sono soddisfatte, quindi, non c’è nessuna vita o crisi umanitaria in gioco, nessun senso di urgenza nel trovare soluzioni. Nella migliore delle ipotesi, la risposta è un’architettura “accettabile”; nella peggiore, la mediocrità moltiplicata per ettari. Sebbene il marketing provi a convincerci del contrario, quello che spinge ogni mattina un costruttore nel proprio lavoro non è la qualità di vita della gente: per il mercato immobiliare l’architettura è un semplice mezzo per fare soldi. Il merito di ADNBA sta nel lottare per un’architettura di qualità dove, all’apparenza, non esiste conflitto.