"In quest'opera c'è tutto il racconto di identità mutevoli, fatte da tanti pezzi che si incastrano in una persona sola e di cui è impossibilie tracciarne chiaramente i confini. Lo sguardo dell'altro restituisce immagini che non guardano in profondità e spesso non hanno un riscontro vero. Queste frasi, che sembrano soltanto affermazioni di stereotipi immobili però ad un'osservazione attenta lasciano intravedere gli spostamenti geografici che Aleksandar Duravcevic ha fatto. Sono quindi un incontro con l'altro che lo guarda e ne tenta una impossibile classificazione: dal Montenegro dove avendo in famiglia anche provenienza albanese veniva sempre confuso e percepito come 'misto', all'Italia, dove la frammentazione della società ex-yugoslava curiosamente non è mai stata così chiara e quindi percepita unitariamente come 'slava'. In questa prima parte del lavoro il verbo thought (pensavano) è al passato, mentre nelle successive il verbo è al presente think (pensano). Il lavoro infatti è del 2010/2014. quindi realizzato a New York, dove l'artista vive e dove altri gruppi etnici, latinos, blacks, french cercano di definire l'identità dell'artista, in una comunità mista fatta di moltissimi permanent refugees."
Daria Filardo