Durante il carnevale veneziano, che all’epoca durava circa tre mesi, nei vari ‘casotti’ allestiti in Piazza San Marco si susseguivano curiosità e venditori di vario genere: burattinai, maghi, astrologi, ciarlatani. Fra le attrazioni principali c’erano anche animali esotici come leoni, elefanti e, in questo caso, un rinoceronte.
In occasione del carnevale del 1751 arrivò quindi a Venezia, dopo una fortunatissima tournée europea, un rinoceronte indiano femmina chiamato Clara. Il proprietario, Douwe Mout van der Meer, un capitano della compagnia delle indie olandesi, l’aveva portato con sé dal Bengala facendone ben presto un’attrazione che fece tappa in tutte le principali città europee fino al 1758, anno della morte di Clara.
Questo ritratto del Rinoceronte fu compiuto da Pietro Longhi per Giovanni Grimani, come ricorda il cartiglio sulla destra del dipinto; non a caso il nobiluomo veneziano possedeva nella sua villa in terraferma una sorta di zoo privato con numerosi animali esotici (lo stesso soggetto fu commissionato al pittore anche da Girolamo Mocenigo, il dipinto è oggi conservato alla National Gallery di Londra).
Si tratta senza dubbio di uno dei capolavori di Pietro Longhi, che allo spunto curioso di questo insolito arrivo in città coniuga magicamente l’intimo e il mondano, collocando l’animale nell’affascinante atmosfera del carnevale veneziano cui associa un fresco dato di verità storica. Al centro della composizione, non troviamo, infatti, un visitatore qualunque ma il committente del nostro dipinto (all’epoca ventitrenne) accanto alla sua bellissima e sfortunata sposa, Caterina Contarini, che sarebbe morta di lì a poco dopo aver dato alla luce la loro unica figlia.
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