Impastatrice a molazza: un grande bacino circolare in legno di noce con mola verticale asimmetrica in marmo di Carrara, impiegata sia per impastare che per gramolare l’impasto. Estremamente rumorosa e pericolosa, era soprannominata dagli operai liguri “sciancabrasse”, cioè spezza braccia. È, con il torchio, il macchinario più antico, forse antecedente la metà dell’Ottocento e con ogni probabilità era usato in origine solo come gramola dopo una prima fase di impasto manuale. Era in uso nel Pastificio di Chiavari (GE) databile, nella sua configurazione originaria, intorno alla metà dell’Ottocento e gestito per oltre un secolo dalla famiglia Celle. La macchina era impiegata sia per impastare, sia per gramolare l’impasto. Estremamente rumorosa e pericolosa, era soprannominata dagli operai liguri “sciancabrasse”, cioè spezza braccia. Con il torchio, è il macchinario più antico, forse antecedente la metà dell’Ottocento e con ogni probabilità era usata in origine solo come gramola dopo una prima fase di impasto manuale. Cessata l’attività negli anni Ottanta e smontato nel 1993, il pastificio è stato interamente restaurato dai tecnici del gruppo “Medaglie d’Oro” Barilla (ante 2014), compresa questa impastatrice rimontata filologicamente per l’esposizione museale inaugurata il 10 maggio 2014. L’impianto proveniente da Chiavari, in provincia di Genova, dove sono ancora attivi una decina di piccoli pastifici eredi della tradizione pastaria ligure, è databile, nella sua configurazione originaria, intorno alla metà dell’Ottocento ed è stato gestito per oltre un secolo dalla famiglia Sivori per concludere la sua attività con la famiglia Celle. L’intero impianto era mosso da una una ruota motrice attraverso un sistema aereo di alberi di trasmissione e di pulegge che trasmetteva la forza motrice ai singoli macchinari con cinghie in cuoio o tessute, secondo il sistema comunemente in uso tra il XIX e il XX secolo.
Cessata l’attività negli anni Ottanta e smontato nel 1993, il pastificio è stato integralmente restaurato dai tecnici del Gruppo “Medaglie d’Oro” Barilla e rimontato filologicamente per l’esposizione museale.