L’opera testimonia il mutamento in atto nell’arte del maestro.
Il tema di Giuditta, uno dei più persistenti nella produzione artistica occidentale è stato proposto due volte dall’artista viennese, la prima nel 1901, e poi, nel 1909. Tra le due versioni, si nota il superamento dell’incanto della Secessione e l'arrivo, incombente e rovinoso, della danza macabra della Apocalypse Joyeuse che di lì a breve travolgerà le speranze del mondo occidentale.
La Juditta che Klimt portò a Venezia si distanziava a tal punto dalla tradizione da originare un’ambiguità nel titolo stesso. Il dipinto ha costituito un punto di svolta rivoluzionario, perché rendeva in modo del tutto nuovo il mito biblico e presentava una donna del XX secolo “agitata tutta nell’anima e nei nervi”. La donna distante, quasi assente, che Sigmund Freud avrebbe scandagliato e descritto in molte occasioni, come nel noto testo Il tabù della verginità̀del 1917.