Dopo gli inizi neo-cubisti, Afro approda in America nel 1950. Questa tappa è per lui fondamentale, perché gli permette di entrare in contatto con le novità dell’ambiente artistico newyorkese e, soprattutto, con la pittura di Arshile Gorky, che apprezza e che segnerà in maniera determinante il suo percorso artistico. Ad interessare Afro è prevalentemente l’indagine sull’inconscio operata dal surrealismo, corrente di cui Gorky è esponente. A cavallo del 1952, anno in cui realizza l’opera qui esposta, Afro inizia ad abbandonare le norme costruttive dei piani infranti cubisti e libera il segno, orientandosi verso l’approccio dei surrealisti astratti. Il titolo dell’opera è un preciso riferimento a questo suo soggiorno americano. La memoria è per Afro un momento di acquisizione di senso della realtà; citando elementi figurativi italiani, che emergono, seppur abbreviati, dal fondo dell’opera, mescolati alla verticalità dell’architettura americana resa con tracce ocra e marroni, egli rende questo suo brano di pittura una reale manifestazione dell’intimità del ricordo. Testo di Michela de Riso