Walker Evans
Nato a St. Louis, USA, nel 1903; morto a New Haven, USA, nel 1975.
Gli anni trenta sono stati il decennio decisivo per la carriera del fotografo americano Walker Evans. Quello stesso periodo, il tempestoso interludio fra prima e seconda guerra mondiale, fu segnato da un crollo economico globale noto come la Grande Depressione. Solo negli Stati Uniti, milioni di persone persero il lavoro e rimasero poi disoccupate per sempre, mentre nel cuore dell’America devastanti tempeste di polvere resero impossibile la crescita o il raccolto delle colture. Nel 1938, al Museum of Modern Art di New York, apri i battenti American Photographs, la prima mostra di fotografia organizzata dal museo, per presentare la documentazione avanguardistica di Evans sugli anni della Depressione. Il suo modo diretto, eppure sottile e sensuale, di fotografare le persone e il loro ambiente quotidiano fu ammirato dai contemporanei, e continuò a esserlo anche da parte delle generazioni successive di artisti.
Nel 1926, il giovane Evans aveva abbandonato gli studi di letteratura francese al Williams College, in Massachusetts, per trascorrere un anno a Parigi, dove aveva studiato francese e messo alla prova la propria attitudine alla scrittura, sia di saggi che di romanzi. Dopo il ritorno a New York nel 1927, cominciò ben presto a esplorare il mezzo espressivo della fotografia e l’estetica del modernismo, anche se fu la corrente del realismo sociale a stimolarlo a creare le sue opere documentarie più innovative e poetiche. Evans accettò un incarico presso la Resettlement Administration, l’amministrazione per il reinsediamento (in seguito rinominata Farm Security Administration, l’amministrazione per la sicurezza delle fattorie), insieme ad altri fotografi come Dorothea Lange, con il compito di fotografare le condizioni di povertà e gli effetti dei programmi di benessere sociale in tutta l’America all’epoca della Depressione. Evans, tuttavia, era un fotografo itinerante e caparbio, motivato più dalla propria visione artistica che da qualsiasi mandato governativo.
Egli lasciò la Resettlement Administration e nel 1936, mentre si trovava in Alabama per conto della rivista “Fortune”, lui e lo scrittore James Agee documentarono i periodi trascorsi vivendo con tre famiglie di mezzadri locali. Questi prendevano in affitto e coltivavano piccoli appezzamenti di terra di proprietà di altri per ricevere una parte dei proventi, o del raccolto, che in Alabama era il cotone. Con questo sistema accadeva spesso che i fattori si ritrovassero intrappolati in una spirale di debiti e timori di sfratto nel caso in cui il raccolto fosse stato scarso o di bassa qualità, se i prezzi del mercato fossero stati bassi o in caso di altri eventi infausti. Anche se alla fine i responsabili del periodico rifiutarono il lavoro a quattro mani di Evans e Agee, i due perseverarono e, nel 1941, pubblicarono un volume di cinquecento pagine, Let Us Now Praise Famous Men (Sia lode ora a uomini di fama). Le foto di Evans venivano presentate a parte, forte preludio visivo all’inizio del libro in contrasto con la retorica del contributo testuale di Agee. La Biennale di Venezia presenta l’intera prima edizione di quelle fotografie, prive di ogni mediazione, che comunicano la pacata dignità di coloro che hanno subito la Depressione nell’America degli anni trenta e rievocano un’analoga povertà e simili diseguaglianze economiche che oggi esistono in tutto il mondo.