LET’S TALK ABOUT GARBAGE

Abbiamo la tendenza a pensare all’immondizia e ai rifiuti solo come a un male da prevenire. Ridurre i consumi, fare in modo che le cose durino più a lungo evitando i prodotti superflui, rientra in questa prospettiva. Ciò che avanza dovrebbe essere seppellito nella speranza che scompaia (o fingendo che ciò possa avvenire).
Hugon Kowalski nella sua tesi ha affrontato la questione da una prospettiva diversa, analizzando anche un altro grosso problema: la carenza di alloggi. Ha scelto Mumbai, più specificamente lo slum di Dharavi, e ha proposto di considerare l’immondizia non come rifiuto da smaltire in modo discreto, ma come risorsa artificiale prodotta dall’uomo e intimamente legata a un’industria, a un artigianato e anche a una certa cultura. Osservando il ciclo di vita dei rifiuti e il modo in cui tipi di rifiuti diversi richiedono logiche e processi diversi per il riciclaggio e lo smaltimento, Kowalski ha proposto un edificio che integra le abitazioni con gli spazi per il lavoro e la produzione, sfidando efficacemente l’idea di suddivisione in zone urbane. Al posto di funzioni spazialmente segregate nella città, che rispondevano a un ideale modernista, l’edificio propone come nuova tipologia urbana l’integrazione letterale di funzioni che possono influenzare in modo radicale problemi quali l’espansione urbana e il trasporto pubblico. L’intelligenza della proposta si basa sulla capacità di considerare l’edificio non solo come contenitore per tali attività, ma anche come contenuto: con il tempo, una struttura molto semplice e lineare verrà completata utilizzando i modi diversi in cui i rifiuti vengono trasformati in nuovi materiali da costruzione. A volte ci vuole la maturità dell’esperienza per essere in grado di entrare in campi difficili e problematici; ma se lo si fa con rigore e lo si comunica in modo brillante, come è avvenuto nel caso di Kowalski, la freschezza e il vigore di un nuovo arrivato sono anche i benvenuti.