Anche in questo caso le fattezze dell’evangelista sono quelle di un giovane, che sembra però discutere in modo animato, come si vede dalla mano aperta, con l’angelo che gli sta accanto. Il simbolo di Matteo diviene figura concreta, sia per la maggiore grandezza rispetto all’aquila, al leone ed al toro, sia perché evidentemente intavola un colloquio con l’evangelista dettandogli di fatto il testo. Infatti, è l’angelo a sfiorare con le dita il cartiglio, che appare qui scritto in latino, poiché ben si distinguono le parole pater noster. Si tratta di uno dei tondi più riusciti dal punto di vista artistico: i personaggi esprimono una sottile e intensa dedizione al racconto che viene dall’alto.
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