La tavola, originariamente collocata nella chiesa francescana dell’Annunciata, demolita nel 1586, passò nella collezione Sanvitale, dove dal 1706 occupava il posto d’onore come opera di Leonardo per la presenza di un’iscrizione apocrifa, ora illeggibile, “Leonardo Vinci fece 1492”. E’ con l’ingresso in Galleria nel 1834 che il dipinto venne riconosciuto al Cima. Si tratta di una delle più significative tavole della produzione matura del pittore veneto, in cui la scena è costruita secondo una composizione che si distacca dalle rigorose simmetrie dei modelli desunti dalle pale del Bellini. L’architettura in rovina, con la parasta scolpita a motivi classici, nostalgica citazione dall’antico raccontata con la precisione di un miniaturista, coi frammenti di roccia sbrecciati, le piante e i fiori delineati in primo piano, si dispone a destra della scena, creando un effetto di ariosa apertura sul paesaggio collinare a sinistra, in cui si riconosce, racchiuso fra le mura, il turrito borgo di Conegliano Veneto, sorta di firma o di riconoscimento affettivo del proprio paese. Una asimmetria ulteriormente sottolineata dal gioco dinamico delle pose dei personaggi che sembrano allacciare intense tensioni emotive nei leggeri movimenti che li articolano nello spazio, e si aprono e si illuminano di una luce che accende e intensifica gli effetti cromatici e ne sottolinea i particolari e gli atteggiamenti.