La predella era originariamente incassata nel gradino dell’altare di San Cristoforo nel duomo di Trento. Rappresenta l’epilogo della vicenda terrena di Dorotea, una santa vissuta tra III e IV secolo a Cesarea, in Cappadocia, fervente cristiana nota per le sue virtù.
Imprigionata e torturata per ordine del tiranno Saprizio, Dorotea si rifiutò di abiurare la propria fede proclamandosi sposa di Cristo e per questo fu decapitata. Nel dipinto la santa è inginocchiata a sinistra, mentre il boia si appresta a sguainare la spada.
Fa da contrappunto a questo episodio la conversione del maestro Teofilo, sullo sfondo a destra: egli si avvicinò a Dorotea mentre veniva condotta a morte chiedendole sarcasticamente di inviargli rose e mele dal giardino del suo sposo celeste. Fu così che un angelo con le sembianze di fanciullo comparve a Teofilo recando un cesto di fiori e frutti. Il miracolo indusse il maestro a convertirsi e contribuì a far eleggere Dorotea a patrona dei fruttivendoli e dei fioristi.
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