Francesco Hayez aveva già affrontato l’iconografia della Maddalena penitente nel deserto in un dipinto del 1825, ora in collezione privata, ispirandosi all’omonima scultura realizzata nel 1796 da Antonio Canova, ritenuta icona esemplare della poetica romantica e conservata in Palazzo Tursi a Genova. Diversamente dalla prima versione e dal marmo canoviano, in quest’opera del 1833 il pittore abbandona l’impianto compositivo e stilistico connotato da accentuata sensualità e realismo per approdare a un rigore formale ed espressivo di stampo accademico.
Il celebre ritrattista e pittore di storia della Milano ottocentesca delinea un paesaggio essenziale su cui si staglia il freddo e ceruleo corpo della solitaria di Maddalena mentre stringe mollemente la croce nella mano destra. Lo sguardo della Maddalena tradisce una certa malinconia e afflizione a simboleggiare l’eterno conflitto tra vocazione religiosa e piacere terreno.