PIERO GILARDI
L'inchiesta che facciamo, come sai
riguarda l'importanza delle tecniche
nell'arte d'oggi: puoi dirci cosa ne
pensi e riferirti come esempio al tuo
lavoro?
R. Qualche tempo fa, a New York,
stavo parlando con John Weber del
lavoro di Bob Morris: lui mi diceva
che quando era direttore della Dwan
Gallery a Los Angeles aveva dato un
bel po' di soldi a Morris perché fa-
cesse i suoi lavori in fiberglas: ma
non perché questo fosse un progres-
so nel suo lavoro ma solamente per
ché era povero e comunque i lavori
funzionavano benissimo anche in le-
gno: l'importante era che la materia
delle superfici avesse la concreta neu
tralità dello stucco plastico dei car-
rozzieri, che Morris già spalmava sul
legno
Quindi mi pare che se anche gli arti-
sti minimal" americani, che sono
quelli più legati alla iconografia tec-
nologica, non sentono il bisogno di
adeguare il loro linguaggio alle tec-
niche costruttive d'oggi in modo si-
gnificante, allora vuol dire che l'arte
d'oggi non ha bisogno di essere cor.
relata con la tecnologia, nel tradizio-
nale rapporto di parallelismo tra l'ar-
tigianato artistico e la produzione co-
mune degli oggetti d'uso.
Semmai sono le materie prodotte dal-
la tecnologia che vengono usate da-
gli artisti come base più o meno si-
gnificante del loro linguaggio: per
esempio le moderne vernici metalliz-
zate sono importanti per Don Judd.
come il cromo è necessario a Ernest
Trova per le sue figure: per me poi è
stato importantissimo l'uso del poliu-
retano espanso flessibile per fare i
tappeti natura, tanto che posso dire
che non li avrei concepiti se prima
non avessi conosciuto quella materia
Anche Bob Whitmann, nella sua mo-
stra dei laser, ha usato questo mec-
canismo solamente per avere una ma-
teria, che è quella particolare luce
compatta e monocroma: ci sono in-
vece dei lavori che funzionano vera-
mente con un meccanismo trasposto
da un'altra tecnica, come i Revolvers
di Rauschemberg o le macchine di
Carmi, o anche taluni apparati. parti-
colarmente macchinosi, degli artisti
cinetici, ma secondo me tutte queste
opere sono il frutto di un atteggia
mento un po' "naif" e talvolta fetici-
stico nei confronti della tecnologia
Arte e tecnologia che non si legano
in un vero rapporto di interdipen-
denza
D. Pensi che l'impiego di tecniche
avanzate ponga all'artista il problema
del rapporto con la tecnologia e l'in-
dustria; e come intendi questo rap-
porto?
R. Quello stacco che io vedo tra la
tecnica artistica e quella produttiva
lo vedo anche proiettato a livello so-
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ciologico tra l'arte e la tecnologia; il
fatto è che noi appiccichiamo sempre
le vecchie idee del razionalismo alla
dimensione tecnologica di oggigior-
no: se penso a quello che può fare
un artista da solo o anche un grup-
po di artisti, che comunque non ven-
gano integrati dai grossi complessi
della ricerca scientifica, né dall'in-
dustria, se non si vogliono subordina-
re alle leggi economiche, allora con-
fronto il loro prodotto con il vero pro-
dotto della tecnologia: macchine
utensili che lavorano in ciclo auto-
matizzato, jets che volano ai tremila
all'ora, computers che guidano una
guerra, etc. etc. Mi pare evidente che
la dimensione individuale dell'arte
escluda questo confronto sul piano
dei prodotti e ci induca a riconside-
rare solamente lo spazio dell'indivi-
duo, in rapporto con la tecnologia, lo.
in una certa fase delle mie ricerche,
ho amato l'idea di appropriarmi di
certi piccoli meccanismi da artigia-
nato evoluto, come le rivettatrici, le
puntatrici elettriche e le pistole pian-
tachiodi; altro che tecniche avanzate!
Se volevo veramente possedere qual-
cosa di tecnologico dovevo rivolger-
mi a degli strumenti appena mec.
canizzati con un grado di determi-
nismo.
Comunque il problema dei rapporti
tra l'arte e la tecnologia non è ancora
questo, secondo me: il reale contatto
con la tecnologia noi lo abbiamo co-
me consumatori; ciascuno di noi può
analizzare su se stesso gli effetti dei
condizionamenti che riceve dalle va-
rie forme di tecnologia che sono in-
tessute nella nostra vita sociale: quel-
la dell'informazione, i mezzi che ab-
biamo per muoverci e viaggiare, il
modo di alimentarci che abbiamo nel-
le città, il disegno dei mobili e di tutti
gli altri oggetti d'uso che abbiamo in
casa.
lo personalmente ho dedotto che piú
la tecnologia, soprattutto nelle sue
applicazioni cibernetiche, ci solleva
dalla fatica fisica e psichica che
spendiamo nella vita quotidiana, più
io sono portato ad astrarmi: portato
ed aiutato ad uscire dal meccanismo
cretino del camminare per andare in
un posto, del togliere la polvere dai
mobili, del conservare il cibo avan-
zato per il pasto seguente, insomma
da tutto quel tipo di azioni che mi
trascinavano con loro e che adesso
sono spazzate via dalla logica dei
consumi, che certo mi impone il suo
meccanismo ma che almeno mi la-
scia libero di pensare, fantasticare,
creare, o che addirittura mi permet-
te di concentrarmi piacevolmente sul
mio corpo e sulle sensazioni fisiche
che prima strutturavo con la dura lo-
gica della necessità".
Cosi non c'è niente da stupirsi se in
piena era tecnologia qualche artista,
senza volerne fare un sistema, tira
fuori, come Pascali, la terra, l'acqua,
O come Flanagan, la sabbia o come
Naumann la sensorialità d'una buc.
cia di banana: la tecnologia con le
sue conseguenze sociali, libera l'uo-
mo dalla "azione fisica e psichica
cosi lui si getta nella contemplazione
attiva e ritrova se stesso a livello
primario".
LUCIANO FABRO
R. Questo della tecnica è un pro-
blema che forse si sta snobbando un
po' adesso, ma che però funziona lo
stesso. Perché, vedi, c'è della gente
che usa un certo materiale e continua
ad usarlo proprio imperturbabilmente
per anni. O usa una certa tecnica o
magari, lavora con certe nozioni tec.
niche che può non manifestare come
tali, pero in effetti sono una continua
verifica del suo lavoro. Anch'io, fino
a poco tempo fa, fino a quando avevo
una certa tecnica operativa, avrei po-
tuto dire di intenderla in senso stru-
mentale. Cioè, uno individua una si-
tuazione, una cosa da fare, poi, a un
certo punto, esegue un'operazione a
livello di designer per realizzarla nel
modo più adeguato. più giusto (giu-
sto è forse la parola piú sbagliata)
comunque in un determinato modo,
per cui la cosa realizzata con certi
mezzi o con certe attenzioni funzioni
meglio che se non è realizzata con
quei mezzi o quelle attenzioni. Pero,
cosa si verifica – è quello che sta
interessandomi -- adesso - allorché
uno per cosi dire ha un'idea, o per
cosi dire ha individuato una certa
operazione da compiere? E questo
ancora non riesco a capirlo perché
se quando l'ha individuata comincia
ad usufruire di certi mezzi, ne sce-
glie uno, dice: lo scelgo per questa
ragione o perché è semplice o perché
mi dà certe garanzie o perché funzio-
na cosi - mentre nel momento ini-
ziale ha un'idea forse piú panica della
situazione, ma anche piú concreta.
momento in cui deve realizzarla di-
mentica tutta la libertà, tutto il pano
rama iniziale e prende per buone del
le nozioni che non so mica poi se si
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