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Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 11

Carla Lonzi[1968]

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

Fotocopia dell'articolo Tecniche e materiali, a cura di Carla Lonzi, Tommaso Trini, Marisa Volpi Orlandini, «Marcatré», n. 37/38/39/40, 1968; frammento di articolo dattiloscritto con correzioni manoscritte del dialogo con Pietro Consagra.

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  • Title: Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 11
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: [1968]
  • Transcript:
    PIERO GILARDI L'inchiesta che facciamo, come sai riguarda l'importanza delle tecniche nell'arte d'oggi: puoi dirci cosa ne pensi e riferirti come esempio al tuo lavoro? R. Qualche tempo fa, a New York, stavo parlando con John Weber del lavoro di Bob Morris: lui mi diceva che quando era direttore della Dwan Gallery a Los Angeles aveva dato un bel po' di soldi a Morris perché fa- cesse i suoi lavori in fiberglas: ma non perché questo fosse un progres- so nel suo lavoro ma solamente per ché era povero e comunque i lavori funzionavano benissimo anche in le- gno: l'importante era che la materia delle superfici avesse la concreta neu tralità dello stucco plastico dei car- rozzieri, che Morris già spalmava sul legno Quindi mi pare che se anche gli arti- sti minimal" americani, che sono quelli più legati alla iconografia tec- nologica, non sentono il bisogno di adeguare il loro linguaggio alle tec- niche costruttive d'oggi in modo si- gnificante, allora vuol dire che l'arte d'oggi non ha bisogno di essere cor. relata con la tecnologia, nel tradizio- nale rapporto di parallelismo tra l'ar- tigianato artistico e la produzione co- mune degli oggetti d'uso. Semmai sono le materie prodotte dal- la tecnologia che vengono usate da- gli artisti come base più o meno si- gnificante del loro linguaggio: per esempio le moderne vernici metalliz- zate sono importanti per Don Judd. come il cromo è necessario a Ernest Trova per le sue figure: per me poi è stato importantissimo l'uso del poliu- retano espanso flessibile per fare i tappeti natura, tanto che posso dire che non li avrei concepiti se prima non avessi conosciuto quella materia Anche Bob Whitmann, nella sua mo- stra dei laser, ha usato questo mec- canismo solamente per avere una ma- teria, che è quella particolare luce compatta e monocroma: ci sono in- vece dei lavori che funzionano vera- mente con un meccanismo trasposto da un'altra tecnica, come i Revolvers di Rauschemberg o le macchine di Carmi, o anche taluni apparati. parti- colarmente macchinosi, degli artisti cinetici, ma secondo me tutte queste opere sono il frutto di un atteggia mento un po' "naif" e talvolta fetici- stico nei confronti della tecnologia Arte e tecnologia che non si legano in un vero rapporto di interdipen- denza D. Pensi che l'impiego di tecniche avanzate ponga all'artista il problema del rapporto con la tecnologia e l'in- dustria; e come intendi questo rap- porto? R. Quello stacco che io vedo tra la tecnica artistica e quella produttiva lo vedo anche proiettato a livello so- 76 ciologico tra l'arte e la tecnologia; il fatto è che noi appiccichiamo sempre le vecchie idee del razionalismo alla dimensione tecnologica di oggigior- no: se penso a quello che può fare un artista da solo o anche un grup- po di artisti, che comunque non ven- gano integrati dai grossi complessi della ricerca scientifica, né dall'in- dustria, se non si vogliono subordina- re alle leggi economiche, allora con- fronto il loro prodotto con il vero pro- dotto della tecnologia: macchine utensili che lavorano in ciclo auto- matizzato, jets che volano ai tremila all'ora, computers che guidano una guerra, etc. etc. Mi pare evidente che la dimensione individuale dell'arte escluda questo confronto sul piano dei prodotti e ci induca a riconside- rare solamente lo spazio dell'indivi- duo, in rapporto con la tecnologia, lo. in una certa fase delle mie ricerche, ho amato l'idea di appropriarmi di certi piccoli meccanismi da artigia- nato evoluto, come le rivettatrici, le puntatrici elettriche e le pistole pian- tachiodi; altro che tecniche avanzate! Se volevo veramente possedere qual- cosa di tecnologico dovevo rivolger- mi a degli strumenti appena mec. canizzati con un grado di determi- nismo. Comunque il problema dei rapporti tra l'arte e la tecnologia non è ancora questo, secondo me: il reale contatto con la tecnologia noi lo abbiamo co- me consumatori; ciascuno di noi può analizzare su se stesso gli effetti dei condizionamenti che riceve dalle va- rie forme di tecnologia che sono in- tessute nella nostra vita sociale: quel- la dell'informazione, i mezzi che ab- biamo per muoverci e viaggiare, il modo di alimentarci che abbiamo nel- le città, il disegno dei mobili e di tutti gli altri oggetti d'uso che abbiamo in casa. lo personalmente ho dedotto che piú la tecnologia, soprattutto nelle sue applicazioni cibernetiche, ci solleva dalla fatica fisica e psichica che spendiamo nella vita quotidiana, più io sono portato ad astrarmi: portato ed aiutato ad uscire dal meccanismo cretino del camminare per andare in un posto, del togliere la polvere dai mobili, del conservare il cibo avan- zato per il pasto seguente, insomma da tutto quel tipo di azioni che mi trascinavano con loro e che adesso sono spazzate via dalla logica dei consumi, che certo mi impone il suo meccanismo ma che almeno mi la- scia libero di pensare, fantasticare, creare, o che addirittura mi permet- te di concentrarmi piacevolmente sul mio corpo e sulle sensazioni fisiche che prima strutturavo con la dura lo- gica della necessità". Cosi non c'è niente da stupirsi se in piena era tecnologia qualche artista, senza volerne fare un sistema, tira fuori, come Pascali, la terra, l'acqua, O come Flanagan, la sabbia o come Naumann la sensorialità d'una buc. cia di banana: la tecnologia con le sue conseguenze sociali, libera l'uo- mo dalla "azione fisica e psichica cosi lui si getta nella contemplazione attiva e ritrova se stesso a livello primario". LUCIANO FABRO R. Questo della tecnica è un pro- blema che forse si sta snobbando un po' adesso, ma che però funziona lo stesso. Perché, vedi, c'è della gente che usa un certo materiale e continua ad usarlo proprio imperturbabilmente per anni. O usa una certa tecnica o magari, lavora con certe nozioni tec. niche che può non manifestare come tali, pero in effetti sono una continua verifica del suo lavoro. Anch'io, fino a poco tempo fa, fino a quando avevo una certa tecnica operativa, avrei po- tuto dire di intenderla in senso stru- mentale. Cioè, uno individua una si- tuazione, una cosa da fare, poi, a un certo punto, esegue un'operazione a livello di designer per realizzarla nel modo più adeguato. più giusto (giu- sto è forse la parola piú sbagliata) comunque in un determinato modo, per cui la cosa realizzata con certi mezzi o con certe attenzioni funzioni meglio che se non è realizzata con quei mezzi o quelle attenzioni. Pero, cosa si verifica – è quello che sta interessandomi -- adesso - allorché uno per cosi dire ha un'idea, o per cosi dire ha individuato una certa operazione da compiere? E questo ancora non riesco a capirlo perché se quando l'ha individuata comincia ad usufruire di certi mezzi, ne sce- glie uno, dice: lo scelgo per questa ragione o perché è semplice o perché mi dà certe garanzie o perché funzio- na cosi - mentre nel momento ini- ziale ha un'idea forse piú panica della situazione, ma anche piú concreta. momento in cui deve realizzarla di- mentica tutta la libertà, tutto il pano rama iniziale e prende per buone del le nozioni che non so mica poi se si
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