TECNICHE/MATERIALI
importanza. L'ottica è un aspetto es-
senziale dell'arte visiva, che produce
appunto cose da guardare. Il bianco
e nero dei miei quadri significava
questo: il bianco era luce, il nero
buio e volevo che ciò si vedesse
bene.
Usando in seguito tutti gli altri colori
con quegli effetti balenanti scanditi
da fitti segni, tentavo di arrivare il
più possibile alla luce piena, al quasi
bianco, per dire.
Adesso nei miei ultimi lavori, uso i
fluorescenti perché per se stessi so-
no colori solari: accanto ad essi i
colori normali appaiono immersi nel-
l'ombra.
D. E l'uso della plastica traspa-
rente?
R Per le medesime ragioni uso la
plastica come cosa di luce, mesco.
lanza, fluidità con l'ambiente intorno:
forse per togliere al quadro il suo
valore di totem.
Anche i miei oggetti sono quasi del
tutto dei fatti estetici, visivi: la tenda,
l'ombrellone, il lettino stanno con leg-
gerezza davanti a chi li guarda, se
lui stesso guarda con semplicità e
se gli piace liberarsi dagli oggetti
pesanti e convenzionali che gli si so-
no accumulati intorno
ELIO MARCHEGIANI
D.Non ti chiedo neppure se lo svi-
luppo della tecnologia ha influenza
nell'arte contemporanea perché il tuo
lavoro, tutto basato sull'applicazione
di tecniche meccaniche, sembra es-
serne una dimostrazione programma-
tica. Allora come ti è venuta l'idea
di questo tipo di ricerca?
R. Io ho avuto un certo periodo
"pop" che pochi conoscono, quando
facevo parte del Gruppo 70 a Firenze
dal quale uscii abbastanza clamoro-
samente. Comunque io avevo fatto dei
quadri usufruendo di vecchie serra-
ture: i quadri si aprivano con delle
chiavi, cioè c'era una partecipazione
diretta dello spettatore, toccavi il qua-
dro,dro, andavi a vederlo, aprivi, chiu-
devi queste serrature ...
Poi c'era il fatto della luce che mi
entusiasmava moltissimo. Pensa che
io non sapevo niente, ero proprio
fuori di un'informazione precisa per-
chè a Livorno allora non arrivava
niente, io non sapevo che gli artisti
lavoravano con la luce... Questo po-
chi lo crederanno, non sapevo asso-
lutamente che esistesse un Le Parc...
I primi cataloghi li ho visti all'Obeli-
SCO. Avevo già fatto la Venere e il
Progetto Mercury. Strano, sarà intui-
zione, sarà in aria...
Siccome la conquista dello spazio mi
ha sempre interessato, le ricerche
spaziali, queste cose qui, questa bat-
taglia per arrivare alla luna. Parago-
nata all'ambiente mio dove vive, sai,
gente, che a un certo punto scopriva
Fattori, e continuava a lavorare ad
olio...
Anzitutto ho pensato che se una mac-
china elettronica in cui vengono in-
serite delle schede perforate a un
certo punto dà un contesto scritto, e
le
perforazioni sulla scheda danno
macchina per cui la macchina si mette
in movimento, e quella determinata
perforazione corrisponde a quel de-
terminato impulso, il quale fa muove-
re determinati ingranaggi ecc. con de-
terminate lettere, cioè la funzione del
la macchina calcolatrice, cioè a un
certo punto esce fuori proprio il na-
stro di carta..., ho pensato che que-
sto meccanismo poteva creare anche
immagini e sequenze di immagini,
Cosi ho messo in opera una specie
di grande laboratorio artigianale e ho
curato tutte le fasi realizzative del
processo.
D
Con uno studio accurato sono riuscito
a trasformare p. es. un manichino del-
la Standa, un volgare, vecchio mani-
chino, sono riuscito a trasformarlo nel
David di Michelangelo.
Come hai fatto?
R Calcolando le distanze, sai che
la luce genera l'ombra, l'ombra che
viene raccolta da questo diffusore.
Studiando la distanza che c'è fra il
punto luce, l'oggetto e il diffusore io
posso filmare delle deformazioni del-
l'immagine, che poi invece di essere
deformazioni possono essere anche
modi di perfezionarla.
D. Devi progettare minutamente que-
sta trasformazione, non ti servi di so-
luzioni casuali?
R. No, il tutto avviene in fase speri-
mentale, questo ci tengo a dirlo, non
è mai stato disegnato niente. Se ti
faccio vedere i disegni della Minerva
impazzisci perché sono soltanto degli
scarabocchi: ho lasciato degli spazi,
ho tracciato delle linee, c'è scritto
20, 30, 5, 7, 8, sono le distanze delle
lampade dall'oggetto e il diffusore e
basta, non c'è altro.
D.
R.
Quante immagini fa un oggetto?
R. Per esempio la Venere aveva cir-
ca 96 immagini. Le 96 immagini le
ho ottenute mi pare con 40 lampade.
D. E quante combinazioni? Infinite?
En! quasi, guarda. Si, quello del-
la Minerva, si. Quella poi del Proget.
to Mercury, ha le stesse combinazioni
che può avere un pianoforte, perché
li c'è una tastiera. La tastiera l'ho
inventata per fermare la successione
delle immagini a volontà dello spet-
tatore, altrimenti vanno troppo veloci
e se ti piace non le puoi guardare.
La Venere poi l'ho accompagnata con
un pezzo di un concerto di John
Cage che è vecchissimo; il Progetto
Mercury è invece accompagnato con
voci, suoni, del Progetto Mercury
americano, un collage, tutti i dati, i
rumori, i suoni, nello spazio.
Ora sto studiando il laser, la lampa-
da oggi non mi soddisfa piú. Se lo
avessi i mezzi finanziari, qualcuno
che mi potesse aiutare, c'è quella
meravigliosa fonte di luce che è il
laser: si ottengono cose favolose! 11
laser è una luce-forza che invece di
lanciare i raggi come la luce natu-
rale, li converge; col laser taglia
per es. la lamiera, qualsiasi cosa.
Non è calorifica, batte, taglia, e nel
momento che taglia però brucia.
Quello che a me ha fatto rabbia è
che il laser sia stato usato in un
altro campo, da gente profana. Da dei
ladri a Londra che hanno scassinato
una cassaforte per la prima volta co!
laser. Usandolo in una certa maniera
si può proiettare un'immagine nella
sua totalità dimensionale. Cioè col
raggio laser per es. quel vaso li te lo
proietto di qua, ma non piatto, per-
ché la luce è l'immagine del vaso.
però tridimensionale,
D.
Ho capito. Senti, ma c'è un aspet-
to di gioco in quello che fai, un
divertimento.
R. Infatti mi diverto immensamente
quando faccio scoperte... Il mio og.
getto oltre tutto deve anche divertire
e lo spettatore deve sempre avere la
possibilità di avere quel che lui vuo-
le, adoperarne la tecnica.
D. Ti appassiona anche questa ri-
petizione all'infinito, cioè l'impossibi-
lità di riafferrare l'immagine una volta
vista...
R. E poi questa velocità che ha
l'immagine, velocità che fa parte del-
la nostra epoca.
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