TECNICHE/MATERIALI
Infatti a me non interessa giustappor-
re liricamente delle forme colorate,
creando qualcosa da contemplare
Mi interessa proporre un oggetto as.
soluto, che si può liberamente usa-
re, modificare, disporre diversamente,
ammucchiare in un angolo, distende-
re entro uno spazio enorme. Che può
essere toccato, preso in mano, guar-
dato da vicino rivoltato, tenuto den-
tro l'armadio, soprattutto che non è
un'immagine data a priori, da appen-
dere nel punto giusto, mi piace che
si possa scoprire una disposizione di
versa, nuova, non programmata.
Soprattutto mi piace che l'immagine
non sia basata sul meccanismo della
contemplazione, non sia una forma
fissa imposta come idea di bello, ma
che ci sia una durata, uno svolgimen-
to, un processo fisico in cui l'imma.
gine diventa un'azione. Non come il
teatro che ha una durata e un ordine
di successione premeditato. Un'azio-
ne libera, che può avere qualunque
ordine, che può durare all'infinito o
rimanere come possibilità.
MICHELANGELO PISTOLETTO
D. Che cosa pensi delle tecniche, in
generale e nel tuo lavoro?
R. La tecnica oggi può costituire uno
stimolo subconscio alla creazione, per
la dimensione che ha assunto il pro-
dotto artificiale. Ma molti altri sono
gli stimoli subconsci che agiscono
sull'uomo, gran parte di questi stan.
no dietro alla facciata del termine
tecnica: sono i meccanismi che deter-
minano il percorso che si può defini-
re tecnica. La definizione di questo
termine è quindi per me puramente
astratta, perché tenta di rappresenta-
re staticamente la somma di una se-
rie di processi ancora più subconsci
che danno all'uomo la sua naturale e
sempre rinnovata dinamica. Questi
elementi naturali o primari del mec-
canismo umano hanno sempre ragio-
ne delle definizioni. In essi, nel loro
incontrarsi, fondersi e consumarsi sta
la reale tecnica che è indefinibile.
Vivere ogni elemento dal subconscio
all'azione e per me realizzare la tec-
nica. Penso che di tecnica si possa
parlare solo dopo la realizzazione,
ma penso che non se ne possa par-
lare neanche dopo, se si vuole conti-
nuare nella realizzazione.
Parlando di tecnica ci si rifletterebbe
sul già fatto e si avrebbero soltanto
indicazioni astratte anziché un'azione
e un prodotto. Per questo lo non par-
lo mai di tecnica: sono sempre meno
interessato alla speculazione.
Agire sull'idea della tecnica è agire di
riflesso. I tecnici non hanno problemi
di coscienza, perlomeno trovandosi
sempre in svantaggio.
Mi basta aprire le riviste tecniche per
capire che non ho più spazio: è già
tutto pieno e perfetto. La mia strada
per essere libera può essere parallela
ma non la stessa per essere felice nel-
l'amore non posso usare una tecnica.
Per fare un mio lavoro posso anche
usare con amore un prodotto della
tecnica
RENATO MAMBOR
D. Nel tuo lavoro, Mambor, quali
tecniche e materiali usi?
R. Uso dei pannelli di legno dello
stesso formato - 50 x 140 - stretti
per riempire in senso componitivo
(non compositivo) con altezza facile
al campo visivo di chi guarda. Essi
per me sono dei contenitori su cui
presento gli ingredienti principali del
la pittura: forma, colore, materia, di-
namica ect.
Prevalentemente l'oggetto finale è
verniciato di bianco opaco per Isola-
re gli argomenti in entità indipenden-
ti; ho un curioso atteggiamento quan-
do faccio un pezzo: penso sempre di
presentare le cose al singolare: la si-
gnora materia, sua maestà lo spazio.
- i colori — Ciò che testimonia la
loro autonomia è la possibilità infinita
di relazioni verificabili negli scambi.
I materiali che impiego: ferro, legno.
plastica, non hanno in origine nessun
valore significante: essi sono da me
impiegati per la loro duttilità artigia-
nale. Gli oggetti: bulloni, chiodi, se-
dia, fucile sono snaturati e recupera-
ti solo nei loro valori plastici. Questo
processo di catalogare i luoghi co-
muni dell'arte serve solo a formare
un'opera: "Diario '67". Un quadro che
finito di aumentare nel tempo (un an-
no) cambierà in seguito nella struttu-
ra componitiva.
D.
Sempre rispetto al tuo lavoro con-
sideri importante la tecnica?
R. I pannelli eseguiti con i miei ami-
ci non sono né plagi ne omaggi alle
loro tecniche: ho sempre precedente-
mente l'idea, poi chiedo la collabora-
zione artigianale ad ogni singolo ar-
tista:
I suoi legni
Podio Ceroli.
Tacchi amanuense...
le
sue impunture
Porta
Pascali
gli inta-
gli che alludono alle forme marine.
Per quanto riguarda gli oggetti verni-
ciati con colori industriali: nero otti-
co, blu pullmann, argento martellato,
sono impiegati in questo lavoro solo
per mimare i singoli materiali. Ma non
escludo in seguito di utilizzare mate-
riali veri, purché essi siano piegati dal
racconto di un'idea preesistente. Cosi
vale per la tecnica: il modulo dei pan-
nelli componibili è servito solo per
questo pezzo unico; non escludo in
seguito qualsiasi possibilità diversa di
strutturare il lavoro.
D. In genere, secondo te, quale rap-
porto deve esistere tra arte e tecno-
logia?
R. A questa domanda non so cosa
rispondere, pero mi viene di pensare
che quando ho fatto il giocattolo per
collezionisti sono andato in un'offici-
na specializzata per progettare insie-
me ai tecnici l'oggetto. Abbiamo ese-
guito numerosi disegni per ogni sin-
gola forma di legno per gli stampi in
alluminio; il tutto è stato poi vernicia-
to a fuoco, come se fosse una mac-
china sportiva: pero tutto questo im-
piego di tecniche è servito solo a
creare un giocattolo semplicissimo,
senza ingranaggi: si muove a mano,
la ruota striscia, la campana suona:
forse per me questo è il rapporto tra
arte e tecnologia.
75
Hide TranscriptShow Transcript