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Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 16

Carla Lonzi[1968]

La Galleria Nazionale

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Roma, Italy

Fotocopia dell'articolo Tecniche e materiali, a cura di Carla Lonzi, Tommaso Trini, Marisa Volpi Orlandini, «Marcatré», n. 37/38/39/40, 1968; frammento di articolo dattiloscritto con correzioni manoscritte del dialogo con Pietro Consagra.

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  • Title: Materialità dell'opera d'arte, Oggetto 16
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: [1968]
  • Transcript:
    TECNICHE/MATERIALI Infatti a me non interessa giustappor- re liricamente delle forme colorate, creando qualcosa da contemplare Mi interessa proporre un oggetto as. soluto, che si può liberamente usa- re, modificare, disporre diversamente, ammucchiare in un angolo, distende- re entro uno spazio enorme. Che può essere toccato, preso in mano, guar- dato da vicino rivoltato, tenuto den- tro l'armadio, soprattutto che non è un'immagine data a priori, da appen- dere nel punto giusto, mi piace che si possa scoprire una disposizione di versa, nuova, non programmata. Soprattutto mi piace che l'immagine non sia basata sul meccanismo della contemplazione, non sia una forma fissa imposta come idea di bello, ma che ci sia una durata, uno svolgimen- to, un processo fisico in cui l'imma. gine diventa un'azione. Non come il teatro che ha una durata e un ordine di successione premeditato. Un'azio- ne libera, che può avere qualunque ordine, che può durare all'infinito o rimanere come possibilità. MICHELANGELO PISTOLETTO D. Che cosa pensi delle tecniche, in generale e nel tuo lavoro? R. La tecnica oggi può costituire uno stimolo subconscio alla creazione, per la dimensione che ha assunto il pro- dotto artificiale. Ma molti altri sono gli stimoli subconsci che agiscono sull'uomo, gran parte di questi stan. no dietro alla facciata del termine tecnica: sono i meccanismi che deter- minano il percorso che si può defini- re tecnica. La definizione di questo termine è quindi per me puramente astratta, perché tenta di rappresenta- re staticamente la somma di una se- rie di processi ancora più subconsci che danno all'uomo la sua naturale e sempre rinnovata dinamica. Questi elementi naturali o primari del mec- canismo umano hanno sempre ragio- ne delle definizioni. In essi, nel loro incontrarsi, fondersi e consumarsi sta la reale tecnica che è indefinibile. Vivere ogni elemento dal subconscio all'azione e per me realizzare la tec- nica. Penso che di tecnica si possa parlare solo dopo la realizzazione, ma penso che non se ne possa par- lare neanche dopo, se si vuole conti- nuare nella realizzazione. Parlando di tecnica ci si rifletterebbe sul già fatto e si avrebbero soltanto indicazioni astratte anziché un'azione e un prodotto. Per questo lo non par- lo mai di tecnica: sono sempre meno interessato alla speculazione. Agire sull'idea della tecnica è agire di riflesso. I tecnici non hanno problemi di coscienza, perlomeno trovandosi sempre in svantaggio. Mi basta aprire le riviste tecniche per capire che non ho più spazio: è già tutto pieno e perfetto. La mia strada per essere libera può essere parallela ma non la stessa per essere felice nel- l'amore non posso usare una tecnica. Per fare un mio lavoro posso anche usare con amore un prodotto della tecnica RENATO MAMBOR D. Nel tuo lavoro, Mambor, quali tecniche e materiali usi? R. Uso dei pannelli di legno dello stesso formato - 50 x 140 - stretti per riempire in senso componitivo (non compositivo) con altezza facile al campo visivo di chi guarda. Essi per me sono dei contenitori su cui presento gli ingredienti principali del la pittura: forma, colore, materia, di- namica ect. Prevalentemente l'oggetto finale è verniciato di bianco opaco per Isola- re gli argomenti in entità indipenden- ti; ho un curioso atteggiamento quan- do faccio un pezzo: penso sempre di presentare le cose al singolare: la si- gnora materia, sua maestà lo spazio. - i colori — Ciò che testimonia la loro autonomia è la possibilità infinita di relazioni verificabili negli scambi. I materiali che impiego: ferro, legno. plastica, non hanno in origine nessun valore significante: essi sono da me impiegati per la loro duttilità artigia- nale. Gli oggetti: bulloni, chiodi, se- dia, fucile sono snaturati e recupera- ti solo nei loro valori plastici. Questo processo di catalogare i luoghi co- muni dell'arte serve solo a formare un'opera: "Diario '67". Un quadro che finito di aumentare nel tempo (un an- no) cambierà in seguito nella struttu- ra componitiva. D. Sempre rispetto al tuo lavoro con- sideri importante la tecnica? R. I pannelli eseguiti con i miei ami- ci non sono né plagi ne omaggi alle loro tecniche: ho sempre precedente- mente l'idea, poi chiedo la collabora- zione artigianale ad ogni singolo ar- tista: I suoi legni Podio Ceroli. Tacchi amanuense... le sue impunture Porta Pascali gli inta- gli che alludono alle forme marine. Per quanto riguarda gli oggetti verni- ciati con colori industriali: nero otti- co, blu pullmann, argento martellato, sono impiegati in questo lavoro solo per mimare i singoli materiali. Ma non escludo in seguito di utilizzare mate- riali veri, purché essi siano piegati dal racconto di un'idea preesistente. Cosi vale per la tecnica: il modulo dei pan- nelli componibili è servito solo per questo pezzo unico; non escludo in seguito qualsiasi possibilità diversa di strutturare il lavoro. D. In genere, secondo te, quale rap- porto deve esistere tra arte e tecno- logia? R. A questa domanda non so cosa rispondere, pero mi viene di pensare che quando ho fatto il giocattolo per collezionisti sono andato in un'offici- na specializzata per progettare insie- me ai tecnici l'oggetto. Abbiamo ese- guito numerosi disegni per ogni sin- gola forma di legno per gli stampi in alluminio; il tutto è stato poi vernicia- to a fuoco, come se fosse una mac- china sportiva: pero tutto questo im- piego di tecniche è servito solo a creare un giocattolo semplicissimo, senza ingranaggi: si muove a mano, la ruota striscia, la campana suona: forse per me questo è il rapporto tra arte e tecnologia. 75
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