Magnasco è un pittore di straordinario talento. Figlio d’arte, egli compie il transito tra il XVII e XVIII secolo sciogliendo lo splendore barocco in un’arte inquieta, mossa da un fremito irresistibile, come se la realtà si disfacesse davanti agli occhi degli spettatori, e nello stesso tempo ne apparisse un’altra, vertiginosa e fantastica. Questa tela è un buon esempio della sua suprema capacità di sintesi. I discepoli che incontrano Cristo nel loro cammino verso Emmaus sembrano sopraffatti da una presenza che credevano consueta e invece è divina. I loro corpi, le loro vesti, i loro volti sono decostruiti e ci appaiono soltanto come pennellate rapidissime e mai lineari. Più definita è la figura di Gesù, che indica se stesso con una mano appena abbozzata mentre si tende verso gli uomini dichiarando la propria resurrezione, accentuata dal breve splendore dell’aureola. Stupenda è la sua volontà di spingersi in avanti, creando una diagonale che sottolinea una invincibile alterità. Dietro il gruppo, un paesaggio di rovine e orridi testimonia ulteriormente la fragile eppure incantata bizzarria della scena.