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Mostra su Carla Lonzi, Oggetto 93

Lonzi Marta13 novembre 1995 - 19 agosto 1999

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

Materiale relativo alla genesi, l'organizzazione e la realizzazione di una mostra sull'attività di Carla Lonzi da tenersi, tra il 1997 ed il 1998, presso il Museo Pecci di Prato, a cura di Marta Lonzi e di Bruno Corà: corrispondenza, promemoria sul lavoro da svolgere, sugli artisti invitati, comunicato stampa, rassegna stampa. La documentazione testimonia lo sviluppo del progetto che pian piano si amplia: a partire dalla presentazione del volume Carla Lonzi, Rapporti tra la scenografia e le arti figurative, Oslchki, Firenze 1996, per poi arrivare alla mostra vera e propria, che prevedeva opere di Paolini, Accardi, Alviani, Castellani, Consagra, Fabro, Fontana, Kounellis, Nigro, Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato, Twombly. Sono testimoniati gli sforzi di Marta Lonzi per rendere l'esposizione itinerante in Europa e negli Stati Uniti. Figura la corrispondenza con Judith Russi Kirshner (University of Illinois at Chicago) al fine di portare la mostra a Chicago, con Giovanna Bellesia (Smith College, Northampton Massachusetts) e Moreno Bucci (Fondazione Carlo Marchi, Firenze).

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  • Title: Mostra su Carla Lonzi, Oggetto 93
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: 13 novembre 1995 - 19 agosto 1999
  • Transcript:
    rare il fenomeno a tutto campo.era avvenuto Dobbiamo a Moreno Bucci, grande appassiona- to della scenografia teatrale (e responsabile dell'Archivio storico del Teatro Comunale di Fi- renze), non solo la riscoperta della tesi con cui Carla Lonzi venticinquenne si laureava nel '56 a Firenze alla cattedra di Longhi, ma anche l'at- tenzione che, con il supporto della Fondazione Carlo Marchi, nuovamente si dedica (dopo un'emozionante ricordo, organizzato, tramite fotografie e quadri degli artisti che amo, nella Biennale veneziana del '93) ad una straordina- ria intellettuale, tanto lucida (e fino allo strazio personale) quanto poco fortunata. Dopo una breve ma intensa partecipazione in veste di cri- tico alle vicende artistiche degli anni '60, e la militanza in Rivolta femminile, il gruppo di autocoscienza femminista da lei fondato assie me a Carla Accardi e a Elvira Banotti, all'interno del quale ella scrisse libelli audaci e famosi (si ricordi Sputiamo su Hegel, con a le distanze dal marxismo, del 1970, e l' sta Sessualità e aborto, l'anno successivo, con cui assumeva sulla questione, analogamente a Pasolini, un'altra posizione tanto ferreamente coerente agli ideali femministi, quanto impopo- lare), la Lonzi veniva stroncata dal cancro a 51 anni e la sua parabola esistenziale, tanto bru- ciante e creativa, si chiudeva. Lei per prima aveva accantonato e forse dimenticato la sua tesi di laurea, che, per il riguardare un aspetto della produzione artistica allora ancora sottova- lutato, non ricevette la larga attenzione che me- ritava. Ed invece la Lonzi, già nella scelta della materia (sostenuta dall'attento Longhi) manife- stava quella brillantezza intellettuale con cui avrebbe sottoposto ogni evento, culturale ed esistenziale, alla disamina più accanita e impie- tosa. A metà degli anni '50 erano ben pochi i te sti dedicati in Italia alla scenografia, e scarsa- mente diffusi ancora quelli stranieri. Il ritardo con cui nel nostro Paese, a fronte di Germania o Francia o Russia, si era affermata una conce- zione moderna del teatro, era responsabile an- che della scarsa attenzione con cui si guardava alla rivoluzione scenografica novecentesca (in particolare, al passaggio da scenografie di me- stieranti a opere decorative di piena dignità pit- torica ed artistica), che era stata teorizzata e realizzata, anche nelle sue massime punte, so- prattutto e anzitutto altrove. Con caparbietà, entusiasmo ed una indomabile volontà di esplo- la Lonzi si di in Europa e particolarmente in Italia, dalla fine dell'800 al dopoguerra, ovviamente sofferman dosi sul Teatro torinese di Gualino, dove avven- nero le prime esperienze scenografiche di pitto- ri di impostazione e sentire moderno, sulle spe rimentazioni futuriste e sul Maggio Musicale Fiorentino, che cial '33 si era posto decisamente all'avanguardia in Italia in questo campo (segui- to a partire dal 38, al Teatro Reale di Roma, da Milloss, con cui purtroppo la giovane studiosa non entrò in contatto). La tesi della Longhi vale per la rapida ma luminosa traiettoria che trac- cia su un panorama complesso, da lei peraltro guardato in un'ottica per lo più francese, giac- ché alla Francia gli studi e le frequentazioni la facevano più prossima: il che la portò ad asse- gnare, e giustamente, importanza alle collabo- razioni teatrali dei Nabis, ma a paragone ad in- sca o inglese, come quelle di E.G. Craig, di cui dugiare troppo poco su esperienze di area tede- le sfuggi tra l'altro la fondamentale rivista «The Mask, pubblicata dal 1905 al 1929 proprio a Fi- renze, dove lei stessa studiava. Inevitabilmente il suo impeto di neofita la condusse, oltre che a valutazioni a tratti un po' «tagliate con l'accet- ta, a sopravvalutare Prampolini (da lei definito stra tutti i pittori italiani l'unico vero sceno- grafo, p. 65) e a minimizzare, molto probabil- mente dietro le suggestioni su di lei esercitate dallo stesso pittore, artisti come Severini e De- pero (contro il quale Prampolini era in noto contrasto) spose a ripercorrere tutto viazione fonetica francese del suo vero cogno- me, Szimin) - forse fino ad ora meno celebra- to degli altri fondatori della mitica agenzia - la Federico volume, che rappresenta la prima grande mono- grafia sulla sua opera (Chim. Le fotografie di David Seymour, foto in bicromia, testi di Inge Bondi, Cornell Capa e Cartier-Bresson). Troviamo Chim sempre puntuale agli appunta- menti con la storia, dalla vittoria del Fronte Popolare a Parigi alla guerra civile spagnola, dal tragico epilogo della seconda guerra mon- diale in Germania alle distruzioni in Italia e in Polonia. Sempre con l'occhio pronto a guardare i grandi eventi attraverso la vita e la sofferenza della gente comune, per offrirci nel complesso un ritratto prevalentemente duro e dolente del la società della prima metà del secolo Una sofferenza che fu vissuta prima di tutti dai bambini, come documenta la parte centrale del libro, che rappresenta senza dubbio il punto più alto della fotografia di Seymour, il quale nel 1948 fu incaricato dall'UNICEF di realizzare un volume sulla condizione dell'infanzia nel nostro 53 Dalle orfanelle che giocano tra le macerie di Montecassino al piccolo cieco di Roma che leg ge con le labbra, dai ragazzi rapati a zero del- riformatorio di Napoli alla piccola degente nel sanatorio di Otwock presso Varsavia, le foto di Seymour ci mostrano un mondo infantile segna- to dalla violenza e dal dolore, che comunque ci riconduce alla vita con struggente dolcezza e poesia. Nella sua lunga attività Chim ha fotogra- fato anche i più famosi personaggi del secolo. Il libro ci offre una bella carrellata di questi ritrat- ti, tra cui Carlo Levi con l'inseparabile toscano, Picasso davanti a «Guernica, una inimitabile Peggy Guggenheim sullo sfondo del ponte del l'Accademia, Toscanini al pianoforte e - forse la sua immagine più conosciuta - Bernard Beren- son che ammira la «Paolina alla Galleria Bor- ghese Michele De Luca SCAFFALE Carla Lonzi RAPPORTI TRA LA SCENA E LE ARTI FI- GURATIVE DALLA FINE DELL'800 (a cura di Moreno Bucci) Leo S. Olschki Editore Dobbiamo d'altra parte certamenizio assegnato za di Prampolini il notevole pionieristicamente al futurismo, negli anni '50 ancora aborrito e negletto per i suoi traffici col fascismo. Non cercheremo in questa tesi di lau- rea una precisione cronologica, su cui l'autrice all'epoca non sempre poteva contare per l'as senza delle ricostruzioni filologiche di cui oggi invece disponiamo noi. È un po' un peccato del resto che, se da un lato si è conferito allo studio della Lonzi una ricercatezza editoriale ed una ricchezza iconografica che certo l'originale non aveva, dall'altro lato si è scelto di mantenere inalterate le appendici, che ineluttabilmente la datano all'epoca in cui fu scritta e le impedisco no di proporsi oggi a pieno titolo come testo di studio. Ricco di notazioni e di godibile lettura, spesso si fa apprezzare per il linguaggio fre- mente di fulminee intuizioni, nitido, rapido ep- pure anche talora, come in un breve commento su De Pisis (p. 100), vivo, sembrerebbe, dello stesso respiro della pittura che si propone di commentare. Uno di quei trasalimenti dello sguardo, e del linguaggio, di cui fu maestro Ce- sare Brandi Patrizia Veroli Inge Bondi, Cornell Capa, Henri Cartier- Bresson CHIM. LE FOTOGRAFIE DI DAVID SEY- MOUR Federico Motta Editore Un'eccezionale abilità nell'inquadratura ed una profonda partecipazione umana e sociale con- notano il lavoro di David R. Seymour (Varsavia 1911 - Suez 1956), uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi, protagonista, insieme a Robert Capa e a Cartier-Bresson, di quella irripetibile stagione del foto-giornalismo che si ricollega al- la nascita e all'esperienza della Magnum Pho- tos. A Seymour, che soleva firmarsi «Chim» (abbre- & "... quello che noi chiamiamo con il nome di fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza. Questa definizione di un genere per sua natura mai pienamen. te definito da leggi certe ci è data da Tzve- tan Todorou, critico bulgaro, in un saggio del 1970. Da allora, in molti si sono occu- pati del fantastico in letteratura, nel cine- ma o nel fumetto. Stranamente, però, un silenzio vagamente sinistro sembra avere avvolto quel genere di pittura che si nutre delle stesse pulsioni o delle stesse spinte. Silenzio spezzato soltanto dal bellissimo saggio di Giuliano Briganti del 1977 de- dicato ai pittori dell'immaginario, e da qualche mostra che, ogni dieci anni circa, cerca di affrontare in maniera più o me- no approfondita l'argomento. Ora, per la prima volta, con l'istituzione di una Biennale di figurazione fantastica e me- ravigliosa, si mettono le basi per affronta- re sistematicamente l'argomento. Il luogo scelto per la manifestazione è lo straordi- nario e inquietante castello dei Conti Guidi a Poppi, vicino ad Arezzo, ribattez- zato per l'occasione con il suggestivo no- me di Castello dei visionari". Alessandro Riva: Un fantasma si aggira per l'Italia. E' quello della pittura fanta- stica. Diventata Biennale ("Arte", Milano, ottobre 1997, p. 29). Evidentemente il collaboratore di "Arte" non sa che sin dal 1960 Arturo Schwarz or- ganizzava mostre di arte fantastica, cosi co- me faceva, dal 1967, Renzo Margonari, che la nostra rivista è nata nel gennaio 1975 co- me "Quadrimestrale d'arte fantastica" e co- me tale è stata premiata a Bruxelles nel 1978; che, oltre a Briganti, molti altri hanno scritto di arte fantastica, da Carluccio a Ja nus, da Romeo Forni al nostro coordinato re, che nel 1975 curò al Forte Belvedere di Firenze il XXII Fiorino - guarda caso intito- lato Aspetti dell'arte fantastica, oggi - e nello stesso anno ha dato alle stampe, per i tipi degli Editori Riuniti di Roma Le realtà del fantastico. Arte fantastica in Italia dal dopoguerra a oggi e nel 1982, per la Collana "Terzo Occhio". Il fantastico ero- tico, Se si mette in contatto con la nostra reda- zione gli doneremo un elenco di mostre d'arte fantastica organizzate almeno negli ultimi 38 anni (da "Arte fantastica italiana" organizzata da Schwarz nell'ottobre del 1960 - presentata in catalogo da Emilio Ta dini - alla grande manifestazione "Du Fan- tastique au Visionnaire - La pittura e la scultura fantastica e visionaria" Le Zitelle, Venezia 1994 - con testi di Michel Random e Giorgio Di Genova). Potrà cosi rendersi conto che le mostre di arte fantastica non sono state tenute ogni decennio e che il silenzio è solo dovuto alla sua pigrizia e alla sua scarsa conoscenza storica. (p.b.)
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  • Notes: Alcuni documenti sono fuori consultazione.
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