Si tratta di una delle primissime opere di Ligabue, attento all’atteggiamento e alla tipologia degli animali, meno interessato alla costruzione prospettica, risolta con una pittura a macchie a larga stesura, salvo l’aggrovigliarsi espressionistico delle foglie e dei rami dell’albero dietro al pastore che suona il flauto, tema questo che ritornerà con diverse soluzioni in altre opere di Ligabue e proprio il confronto tra le diverse soluzioni permette di evidenziare una evoluzione artistica che è anche evoluzione di sensibilità poetica. Il tema, antichissimo, viene da Ligabue rivitalizzato e reso vivo. L’iconografia è estremamente stereotipata e si può ritrovare in una lunga serie di opere non solo mitteleuropee, ma anche italiane, derivate da una tradizione popolare, che ha fatto propri semplificandoli, motivi dell’arte colta, appunto quale quello del pastore musicante. Sono indubitabili il senso di ricerca dell’artista all’inizio di una propria strada, il coraggio della sperimentazione, l’istintività di certe soluzioni, come gli occhi cerchiati di bianco degli animali per rilevarne lo sguardo, la sicurezza nell’a-dottare ‘scorciatoie’ espressive che saranno in gran parte alla base del linguaggio artistico peculiare di Ligabue. Le figure, tutte di profilo, salvo il pastore, sono inserite nel paesaggio un po’ a caso e non vie-ne del tutto giustificato il loro posarsi su un terreno concreto, ma si avverte il tentativo di risolvere la composizione più che i particolari.
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