Nelle opere di Carol Rama è sempre presente un forte riferimento alla propria esperienza autobiografica, ai drammi delle proprie vicende personali. Anche in Movimento e immobilità di Birnam possiamo riconoscere questo specifico tratto della sua ricerca, contraddistinto in questo caso dall’utilizzo di materiali semplici e quotidiani, applicati alla tela. L’opera infatti appare come un dittico di cui una metà è occupata da una preziosa coperta in pelle finemente decorata, l’altra è completamente nera e vede l’applicazione di un copertone di bicicletta. L’opera di Carol Rama parla dunque della propria esperienza biografica attraverso correlazioni complesse e stratificate, metafore e simbologie personali spesso criptiche e misteriose. In proposito scrive l’artista nel 1998: "Le realtà che uso - come le camere d'aria dei miei lavori degli anni Settanta che rappresentano la fabbrica di mio padre, che poi è fallita, siamo diventati poveri, e lui si è suicidato - è sempre una materia d'uso, come le ginocchia, ossia l'eros, dei miei disegni". I brandelli della storia dell’artista sono così filtrati e riportati sulla tela, come, allo stesso modo, i miti collettivi riferiti alla dimensione personale: è il caso della foresta di Birnam, celebre bosco in movimento, evento questo, predetto dalle tre streghe, che segnerà la fine di Macbeth. L’immagine, tratta dalla tragedia di Shakespeare, fa così riferimento al rapporto tra possibile ed impossibile, realtà e profezia, desiderio e disillusione. E se questi elementi sono collegati alla tragica esperienza nell’infanzia dell’artista, ecco che Movimento e immobilità di Birnam diviene un toccante ed intimo ritratto del proprio vissuto. Come ha infatti recentemente scritto Giacinto Di Pietrantonio “Carol Rama è esistenziale: dice di destino quotidiano, di opportunismi culturali, di alienazione sociale, di solitudine umana di ansia del conformismo di cultura e di vita”. (AC)