Agli animali domestici costanti nell’iconografia dell’artista nella prima fase della sua attività si vengono dapprima affiancando per poi quasi sostituirsi, gli animali selvatici e particolarmente i felini, nella cui resa naturalistica Ligabue diviene ben presto un maestro. È il caso di questo gattopardo colto nell’attimo di prepararsi al balzo verso chi guarda. La frontalità della testa con le fauci spalancate, la morbidezza delle macchie del pelo e l’agilità evidente dell’animale, anche se manca il riferimento tradizionale ad una possibile preda o ad un nemico da affrontare, sottolineano il carattere drammatico della scena, che si accentua proprio perché sembra costituire una minaccia per lo spettatore stesso, verso il quale sembra indirizzata l’aggressività del felino. La scena è concentrata con un massimo di tensione, poiché, come spesso, è colta nella sospensione che precede di un attimo l’azione. A rendere più inquietante l’immagine c’è la presenza dello scheletro umano: simbolo macabro che fino ai primi anni cinquanta accompagnerà molte opere di Ligabue, accentuandone il carattere inquietante.