La serie dei dodici “Mesi” è il più illustre ciclo di arazzi del Museo. Ogni arazzo, tessuto in lana e seta, è dedicato a un mese dell’anno, di cui riproduce le tipiche attività umane legate alla sfera lavorativa, i frutti, la vegetazione e la metereologia. In ogni raffigurazione è presente un testo didascalico che descrive le caratteristiche del mese e del relativo segno zodiacale, disposto nell’angolo in alto a destra in ciascun panno.
Il ciclo di arazzi fu eseguito agli inizi del Cinquecento, commissionato da Gian Giacomo Trivulzio detto il Magno (Milano, 1440 circa - Chartres, 1518) - maresciallo di Francia e marchese di Vigevano - ad una manifattura allestita a Vigevano e guidata dall’arazziere Benedetto da Milano. I cartoni preparatori sono attribuiti a Bartolomeo Suardi detto il Bramantino e, dal punto di vista iconografico, si rifanno a una concezione tardo-medievale del calendario figurato, aggiornata con l’inserimento di elementi classici e rinascimentali.
Gli arazzi rimasero di proprietà della famiglia Trivulzio fino all’acquisto da parte delle Civiche Raccolte nel 1935.
La costanza che accomuna le dodici scene e gli elementi iconografici fissi che ricorrono (il bordo decorato, lo stemma di Gian Giacomo Trivulzio, il Sole, i segni zodiacali) conferma l’origine unitaria della serie, che deriva dall’invenzione di un solo artista. La serie dei Mesi Trivulzio fu concepita inoltre per essere esposta in una sola sala, come a formare un fregio continuo, secondo una disposizione in senso antiorario. La direzione è indicata dal gesto con cui le figure poste al centro di ogni arazzo indicano il Sole nell’angolo superiore sinistro.
Il gruppo è oggi esposto nella Sala della Balla del Museo con un allestimento che ne permette una lettura omogenea e continuativa.
Il bordo è costituito da un fregio continuo di esagoni e negli angoli e al centro di ogni lato è raffigurato lo scudo a bande verticali verdi e oro di Gian Giacomo Trivulzio. La rappresentazione del lavoro agricolo interessava al Trivulzio sia per un suo personale interesse all’agricoltura, ma anche per affermare una simbologia celebrativa ispirata ai classici latini: esaltare le pratiche agresti sottolineava il suo impegno per la pace, contrapposto all’abbandono dei campi, sinonimo di guerra. Gli arazzi appaiono dunque come una celebrazione politica di Trivulzio, portatore e protettore della pace in Lombardia per permettere ai contadini di dedicarsi al lavoro dei campi, alle feste e alle cerimonie.
L’arazzo “Ottobre” presenta i segni zodiacali dello Scorpione e della Bilancia in alto a destra. La scena rappresentata è ambientata in una sala aperta verso l’esterno da tre portali che lasciano intravedere un paesaggio spoglio e autunnale. Seduto all’interno di un recinto squadrato, un personaggio indica il Sole e tiene aperto un libro che, grazie all’iscrizione, rivela l’identità della figura: è un fattore di Gian Giacomo Trivulzio impegnato nella raccolta annuale dei tributi. Gli agricoltori gli consegnano i frutti della stagione, dovuti al padrone secondo un contratto di mezzadria. Sulla spalla reca un bastone a cui è appesa la chiave dei forzieri e il libro e la penna che ha con sé sono dei chiari attributi “di categoria”. A sinistra un contadino porge delle pere e un altro reca uno stampo per il formaggio. Una contadina a destra regge un mazzo di carote e una sua compagna regge una cesta piena di ravanelli sulla testa, mentre a terra sono posati cesti di mele, pere, rape e carote.
Su un cartiglio è scritta la didascalia che descrive il mese: «Ottobre insegna a rendere alla terra i grani, a provvedere alla stalla, alle api, alle vigne e alle mele, e a far innesti sugli alberi» («FRVMENTA TERRAE REDDERE / STABVLIS. APIBVS ET VINEIS / CAVERE. POMISQVE. INSERI / OCTOBER ARMOREM ET MONET»).
Il personaggio centrale non ha rapporti con la didascalia dell’arazzo e neanche con la tradizione iconografica dell’epoca dei calendari italiani, in cui il mese di Ottobre veniva illustrato con la rappresentazione delle attività agricole stagionali, come aratura e semina, o con l’assaggio del vino nuovo. Qui Bramantino sceglie di prestare omaggio al committente Trivulzio, alludendo alla sua ricchezza fondiaria, e di riunire così anche i prodotti agricoli della stagione, come in una vetrina, a simboleggiare l’Autunno.