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Quando si esamina l’architettura di Inês Lobo, la sensazione immediata è quella di una certa depurazione che riduce la costruzione all’osso. La qualità spaziale dei preesistenti spazi esterni piatti è realizzata dalla struttura visibile. Nella sua immediatezza si avverte una sorta di fiducia in se stessi, molto edificante dal punto di vista delle atmosfere che è in grado di generare.
Un’architettura simile potrebbe essere l’unica via possibile quando si lavora in un contesto molto difficile come una zona di Lisbona che è sempre stata povera ma di cui l’immigrazione dall’Asia e dall’Africa ha fatto aumentare la decadenza, rendendo necessario un miglioramento proprio durante il culmine della crisi economica portoghese. Tale crisi ha significato la totale assenza di investimenti pubblici, quindi nessuna istituzione in grado di coordinare le operazioni nello spazio pubblico si è trovata nella posizione di fare alcunché. Gli interventi in città sono stati lasciati al settore privato che, per definizione, non ha né la capacità né l’interesse di prendersi cura del bene comune. L’architettura spoglia ma elegante di Inês Lobo può essere un modo per placare la voracità del mercato immobiliare e quindi, seppur producendo benefici privati, non può danneggiare la qualità dello spazio pubblico. L’architettura che produce, neutrale ma ricca di carattere, può essere la giusta cornice per ospitare la diversità culturale e costruire l’identità sociale. Questo può offrire un indizio di come la città, se ben progettata, nonostante la complessità dei vincoli, possa costituire il cardine tra l’Europa e le comunità migranti, un luogo dove lo spazio pubblico dovrebbe consentire a diverse culture di coesistere.