Teresa Burga
Nata a Iquitos, Perù, nel 1935.
Vive e lavora a Lima, Perù.
Nel corso di una recente intervista, Teresa Burga ricorda la repulsione che ha sempre provato per la pittura a olio: “Detesto da tutta la vita la pittura a olio perche e appiccicosa, sporca e non si asciuga mai nel clima estremamente umido di Lima. Bisognava quindi portare in studio un phon o un termoconvettore [...]. Non avendo la pazienza di aspettare che il colore a olio asciugasse, per poter mettere il secondo strato, tutto si sporcava [...]”.
Ancora molto giovane, Burga si è trasferita dalla nativa Iquitos, nella foresta pluviale peruviana, alla capitale peruviana Lima, dove ha terminato gli studi d’arte alla Universidad Catolica de Lima nel 1964. Ha cominciato il cammino verso una pratica più sperimentale dell’arte sostituendo alla classica pittura a olio un materiale più moderno e ad asciugatura rapida: il latex. Fra la metà e la fine degli anni sessanta ha compiuto un passo ancora più radicale, delegando altri a sostituire la sua mano nella produzione del dipinto. È possibile notarlo, per esempio, nella sua serie di cubi e prismi, opere con un forte accento pop e variabili in funzione della partecipazione del pubblico. Cosi se il lavoro “veniva bene era solo per pura fortuna”, afferma Burga.
Quello stesso spirito di accesa critica all’autorialità ha reso Burga uno dei pionieri delle pratiche concettuali in America Latina. Fin dagli esordi ha prodotto una serie di disegni del “tempo”, annotando meticolosamente su ognuno il tempo di realizzazione, comprese le pause. Ma bisogna notare che gran parte di questi disegni sono copie fedeli di immagini originali riprese da fonti diverse: pubblicità, volantini, manifesti e manuali di istruzioni, per esempio; e con svariati soggetti come opere teatrali, rapporti di polizia, cartoni animati, oggetti femminili o celebrità.
I suoi Drawings with Eyes Closed (1974) portano a un ulteriore estremo le strategie controvisive già presenti nei “disegni di durata”. Queste opere creano una disgiunzione fra chi le realizza e chi le riceve, e mettono in discussione il rapporto fra contemplato e immaginato. Burga ha sempre strutturato le sue opere intorno a questo programma controvisivo, che si ritrova anche nei suoi lavori pionieristici come Autoretrato. Estructura. Informe. 06/09/72 (1972) e Perfil de la mujer peruana (1980-1981). Altre opere, come Estructuras de aire (1970) o Paisaje urbano (1978-1979), non andrebbero lette come laboratori linguistici o critiche istituzionali nel modo in cui vengono intese nel Nord America, ma come esperimenti sensori con concetti.
Più recentemente, Burga ha realizzato una serie di disegni che sono copie “dirette” di disegni fatti dai bambini. La tecnica è semplice, ma ci vogliono tempo e fatica: partendo dai contorni di un’immagine di riferimento, l’artista riempie accuratamente di punti lo spazio libero. La tecnica allude al puntinismo, ma si riferisce in modo più specifico ai cosiddetti punti Benday utilizzati per creare stampe fotomeccaniche. In questo modo Burga mette in scena una dequalificazione (la perdita progressiva delle capacita di lavorare) con il conseguente rovesciamento delle gerarchie del lavoro subordinato.
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