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Pixel Interface II

Mikhael Subotzky2015

la Biennale di Venezia - Biennale Arte 2015

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Venezia, Italia

Mikhael Subotzky
Nato a Citta del Capo, Sudafrica, nel 1981.
Vive e lavora a Johannesburg, Sudafrica.

Mikhael Subotzky si definisce un image-maker, e si esprime sul piano visivo e rappresentativo attraverso fotografia, video e film. L’interesse di Subotzky per la fotografia è nato quando l’artista ha deciso di documentare l’avventura del suo viaggio, zaino in spalla, attraverso il Sudafrica nel 2000. Il suo lavoro, che attinge a uno spazio fortemente personale, riflette le politiche della violenza descritte da Foucault come forme implicite di potere e di controllo. Lui stesso afferma: “Vedo ancora il mio lavoro come qualcosa che riguarda me e il mio territorio. Si tratta di fotografie che riguardano la mia esperienza personale riguardo ciò che mi circonda”. Ha affrontato in più modi il tema del carcere nel contesto sudafricano, una questione che affonda le radici nel complesso passato coloniale e di apartheid del Paese. Nel 2004, durante il suo ultimo anno alla Michelis School of Fine Art della University of Cape Town, realizza quello che è il suo debutto, la serie Poolsmoor: un intenso studio delle vite dei detenuti in un carcere di Città del Capo. Il lavoro ha toccato dei nervi scoperti e ha segnato la sua rapida ascesa verso un ampio riconoscimento in campo artistico. Il processo artistico di Subotzky è stato descritto come un’immersione totale durante la quale spende molto tempo a stretto contatto con i suoi soggetti. Nella serie Beauforth, cominciata nel 2007, Subotzky esamina le condizioni di vita a Beauforth, una cittadina che si trova tra Johannesburg e Città del Capo. Focalizza la sua attenzione su coloro che vivono ai margini della società, come i detenuti del carcere cittadino, le prostitute e i loro protettori, i poveri. Alcune fotografie della serie hanno una forte carica emotiva e possono lasciare profondamente turbati. Costringono a rivolgere lo sguardo verso gli aspetti più bui e difficili da accettare della vita umana e testimoniano la capacita di Subotzky di guadagnarsi la fiducia dei suoi soggetti.
Per la Biennale di Venezia, Subotzky presenta Pixel Interface, la proiezione di un video digitale in tre parti in cui crea un campo astratto di colori (composto da rosso, verde e blu) con immagini violente tratte da film e televisione. L’“effetto vetrata” è il risultato dell’ampliamento e della fusione di singole linee di pixel da parte di tre diversi piedistalli di proiezione che distorcono l’integrità visiva delle immagini, percepite attraverso proiettori ad alta definizione. Grazie al suo interesse per la complicità invisibile di chi produce immagini, Subotzky attinge alla sua esperienza personale e alla sua connessione con la collettività, prendendo in esame la violenza strutturale, psicologica e rappresentativa descritta in televisione e nei film.

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  • Titolo: Pixel Interface II
  • Creatore: Mikhael Subotzky
  • Data di creazione: 2015
  • Diritti: Courtesy l'artista e Goodman Gallery, Cape Town / Johannesburg, Foto di Alessandra Chemollo; Courtesy: la Biennale di Venezia, con il supporto di Ford Foundation; Institut français/Programme Afrique et Caraïbes en créations; Musée d’art contemporain du Val-de-Marne (MAC/VAL); Goo Systems Global
  • Materiale: tre video digitali di diverse lunghezze, proiettati in loop con sonoro, schermo in policarbonato, tre proiettori, tre tavoli d’acciaio su misura, tre schermi LCD, tre microscopi prodotti su misura con obiettivi, tre fotocamere digitali in HD per microscopi, cavi
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