Il “Ritratto di Benedetto Junck” giunge nelle collezioni civiche torinesi nel 1920 grazie a una donazione voluta dallo stesso Benedetto Junk. In quell’occasione entrano a far parte delle collezioni un’altra importante opera di Cremona, “L’edera” (1878), e un disegno a carboncino del fratello Enrico, anch’esso pittore e artista affermato.
Tranquillo Cremona e Benedetto Junk erano legati da un rapporto di stima e amicizia consolidatosi a Milano dopo il trasferimento del giovane Benedetto, originario di Torino, per intraprendere la carriera di compositore. Ben presto la casa del musicista divenne un punto di ritrovo per gli artisti e i letterati lombardi aderenti al movimento scapigliato lombardo che ripercorreva le orme dei bohémiennes francesi.
Il dipinto non è datato ma gli ultimi studi tendono a collocarlo nel 1874, anno in cui si data anche il dipinto di Eugenio Gignous, “Tranquillo Cremona in atto di dipingere all’aperto il ritratto di Benedetto Junk” (1874, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Il giovane Gignous, terminati da poco gli studi all’Accademia di Brera, cominciò a frequentare il gruppo scapigliato e ritrasse l’amico Cremona nella fase febbrile di completamento del ritratto del musicista. Il dipinto fu commissionato dallo stesso Junk a Cremona che lo ritrae di tre quarti, la mano poggiata sullo spartito, lo sguardo intenso rivolto allo spettatore. La figura si staglia su uno sfondo indefinito, le pennellate sono rapide e vaporose tipiche della produzione di Cremona in questi anni, dove lo studio della luce e del colore diventa predominante rispetto alla vena realistica del soggetto. Una caratteristica già evidenziata sin dalla fine dell’Ottocento dalla critica che così descriveva i ritratti eseguiti da Cremona agli inizi degli anni Settanta: “tutti hanno i pregi stessi, che contraddistinguono le opere del Cremona, ovvero il colorito potente, un grande rilievo, molto finezza, e sono […] rivelazioni di temperamenti, di carattere”. Cremona cominciò la sua trasformazione artistica nel 1848 con Giacomo Trècourt a Pavia entrando in contatto con la pittura del Pincio e di Federico Faruffini, suo compagno di studi. Successivamente proseguì i suoi studi a Venezia e all’Accademia di Brera di Milano dove fu allievo di Bertini, oltre a entrare inevitabilmente in contatto con l’opera di Hayez. Il linguaggio libero e colloquiale di questa tela ben restituisce il clima di collaborazione e compartecipazione artistica che muoveva gli ideali dei giovani scapigliati lombardi, di cui Cremona fu uno dei maggiori esponenti. La sua pittura si concentra sulla scelta di soggetti tratti dalla vita quotidiana restituiti attraverso luci e atmosfere rarefatte, svaporate; Cremona “cantore di una realtà circoscritta e riservata […] rivendicava all’artista il ruolo di libero testimone, fuori dalle pressioni della grande committenza”.