Il marchese Carlo Arconati Visconti (1752-1816), decurione e vicario di provvisione per diversi anni Deputato dell’Ospedale Maggiore di Milano, aveva profuso ingenti sostanze in attività di beneficenza e assistenza, aprendo scuole, ospizi, oratori per la dottrina cristiana. La commissione del ritratto viene data a Paolo Borroni, che lavorava a Torino per la corte sabauda, appena rientrata dall'esilio sardo cui l'aveva costretta l'avvento di Napoleone. Per le fattezze del benefattore il pittore dispone e di un precedente ritratto, prestato dagli eredi, e della maschera funeraria. Malattie ed altri impegni ritardano l'inizio del lavoro e rallentano l'esecuzione. Il fitto carteggio tra gli amministratori e il pittore alterna solleciti più o meno garbati e giustificazioni più o meno pluasibili e si sfiora addirittura la rottura all'inizio del 1817, quando il pittore, di ritorno dalla corte di Torino, cerca di dare precedenza alle commissioni reali. Deve intervenire il figlio del benefattore, che va a trovarlo a Voghera, a metter pace. L'impostazione del ritratto, col mistico velario, la luce che piove dall'alto, la statua della Fede fa intuire il tramonto di un'epoca, l'età napoleonica, e l'avvento della Restaurazione