Carlo Baizini (1871-1935), bergamasco, nato in una famiglia di agricoltori, riesce a laurearsi a Roma in medicina fruendo di borse di studio; torna nel bergamasco e per sei anni fa il medico condotto a Selvino. Si trasferisce poi a Milano, dove svolge la professione in uno dei quartieri popolari più disagiati della città. Richiamato in guerra, vi partecipa come ufficiale medico territoriale. Profondamente religioso, si offre spesso come accompagnatore dei malati a Lourdes. Destina il suo modesto patrimonio all'Ospedale Maggiore, con un lascito di 5000 lire per la ristrutturazione della chiesa di Nembro (Bergamo), località dove si era trasferito negli ultimi anni della vita. La commissione del ritratto viene affidata a Giuseppe Palanti, che nel marzo del 1934 aveva chiesto alla Commissione Artistica dell'Ospedale di poter dipingere il ritratto di un benefattore vivente, che gli permettesse di mostrare la sua capacità pittorica meglio di quando aveva eseguito, anni prima, il ritratto di Giuseppe Canzi, avendo per modello solo una fotografia scolorita. L'esigenza del contatto diretto con la persona da raffigurare dimostra che l'artista non bastava cogliere la somiglianza fisica, ma cercava di carpire gli aspetti della personalità e del carattere; e il suo successo presso la committenza milanese evidenzia quanto sapesse bene interpretare le aspettative della borghesia. In questo ritratto il benefattore ha l'aspetto meditabondo di chi è conscio della morte ormai vicina, la stanza spoglia, la scodella col cucchiaio appoggiata a una sedia impagliata, allusione alla frugalità dei pasti, il crocefisso al centro della parete, tutto rievoca la sua vita, trascorsa in una modestia che rasenta la povertà, nel totale servizio dei poveri e guidata dalla luce della fede.
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