Valentina Magrini, figlia del famoso violoncellista Giuseppe e dell'arpista Emilia Verri, dopo aver già fatto nel 1931 una donazione all'Ospedale Maggiore in memoria del padre ne effettua una seconda, nel 1935, a ricordo della madre, morta a una ventina di giorni di distanza dal marito, di 100.000 lire in titoli di Stato, oltre a 50.000 lire messe a rendita al 5%, per garantire assistenza e cure mediche gratuite a musicisti in condizioni economiche disagiate. Dota poi la chiesa dell’Ospedale di un armonium e dona l’ultimo violoncello del padre. Propone per il ritratto commemorativo lo stesso artista che aveva eseguito quello del padre, Augusto Colombo, chiedendo di essere raffigurata a sua volta nella tela. Emilia Verri, ottima arpista, era stata insegnante della figlia, che poi aveva tenuto diversi concerti insieme al padre. Valentina è ritratta dal vero, mentre suona (Colombo pretende che l’artista posi proprio con il “suo” strumento), mentre per il volto della madre, rappresentata in piedi, con in mano uno spartito, il pittore ha dovuto avvalersi di una foto della donna ancora giovane che ha così dovuto “invecchiare”. L’elemento centrale compositivo è l’arpa, che il pittore rappresenta in tutta la sua maestosa eleganza. Molta attenzione è posta nel raffigurare il movimento delle mani della musicista, vestita con un abito bianco che ben si armonizza con il colore dorato e caldo dello strumento. Un po’ forzata, a livello compositivo risulta la figura della madre, che appare quasi irrigidita e confinata in uno spazio troppo ristretto. L’abito nero, allusione al suo, ancorché breve, periodo di vedovanza e soprattutto al fatto che al momento della stesura del dipinto Emilia era già morta, contrasta in maniera evidente con la mise chiara e “vitale” di Valentina.
Visual arts: ti interessa?
Ricevi aggiornamenti con il tuo Culture Weekly personalizzato
Ecco fatto
Il tuo primo Culture Weekly arriverà questa settimana.